Parole di corsa «Durante l’adolescenza a Olbia, quando sognavo di fare il medico, facevo parte di un gruppo guidato dai padri della Consolata. Ricordo padre Silvio Lorenzini, che parlava con entusiasmo dei suoi anni in Tanzania, e l’allegria di padre Luigi Accossato. Trasferitomi a Sassari nel ‘91 per studiaremedicina, ho portato conme i racconti che avevano nutrito lamia immaginazione ed emozionato il cuore a Olbia. Un giorno, il mio coinquilino Gianfrancomi disse: “Cosa facciamo noi due per gli altri? Che vuol dire essere cristiani?”. Da quel giorno iniziai a pormi molte domande, e a ipotizzare di andare in un ospedale di frontiera dei missionari della Consolata. Cominciai a sognare l’Africa. Nell’estate del ‘92 ero a Dublino per imparare l’inglese quando incontrai dei seminaristi messicani. Mi colpì la loro allegria, il senso di famiglia, il loro desiderio di abbracciare il mondo. Insieme a loro iniziai a pregare e leggere il Vangelo inmodo più profondo, e quel terreno interiore che era stato preparato da anni diede i primi germogli. Nel silenzio della preghiera rividi lamia vita passarmi davanti, emi resi conto che in quel Gesù che stavo conoscendo, Dio si era fatto vicino alle ferite del corpo e dello spirito di tutte le persone, specie di quelle oppresse. Pieno di paura, ma fiducioso, decisi di diventaremissionario: il Vangelo che aveva consolato me, sarebbe statomedicina di consolazione anche per altri». Padre Fabio, puoi raccontare la tua storiamissionaria? «È incominciata con i miei genitori Nerina e Pasqualino, parenti e amici. Sono figlio unico e, quando ho detto ai miei che avrei abbandonatomedicina per diventaremissionario, si sono sentiti spiazzati. Colleghi e amici non capivano lamia scelta e come facessi a essere allo stesso tempo così scellerato e sereno. Ora, quando torno tra loro, è sempre una festa. Dal 1992 al 1998 sono stato a Roma per studiare filosofia e teologia e ho frequentato unmaster per economia di comunità. Durante la formazione, nel ‘94- ‘95, per un anno ho vissuto a El Tigre, inMessico, un villaggio di persone semplici: agricoltori, allevatori e gestori di trattorie affacciate sulla strada principale. Anche noi lavoravamo con la terra e il bestiame, e andavamo a visitare i villaggi per celebrare la Parola, visitare i malati e le famiglie, guidare i gruppi di giovani. Lì la fede dava un sapore speciale alle giornate e apriva sempre nuovi cammini. Capitava di passare in breve tempo dalle lacrime al riso: capivamo che la vita è fatta di estremi che si toccano, che ciò che non si può cambiare si deve accettare e che nella fede anche quello che sembra assurdo può avere una sua ragione invisibile da celebrare. Finita teologia nel 1998 a Roma, ho fatto l’anno di noviziato a Rivoli (To) e, dopo la professione, sono stato inviato inMozambico dove ho vissuto 12 anni interrotti da altri tre anni in Italia (20022005) per la licenza in teologia Padre FabioMalesa nasce nel 1972 aOlbia, Sassari. Mentre studiamedicina, capisce che lamissione lo chiama. Si forma a Roma, Torino e inMessico. Poi parte per il Mozambico, dove lavora 12 anni. Oggi la sua missione è a Torino, in Casa Madre. Qui progetta con due confratelli il futuro «Polo culturalemissionario». Puoi sbagliarti, ma prova | MC | amico MARZO 2023 76 TESTO DI LUCA LORUSSO FOTO DI FABIOMALESA
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