Missioni Consolata - Gennaio/Febbraio 2023

Abramo viene chiamato l’amico di Dio (Gc 2,23), perché esempio di relazione ideale con il Signore. È considerato tale da ebrei, cristiani e islamici. C’è chi dice, probabilmente senza allontanarsi dal vero, che non sia mai davvero esistito e che la figura di Abramo sia un’«invenzione», basata su antiche tradizioni riguardanti qualche personaggio lontano nella storia, per porre, all’inizio della Genesi, un’introduzione alle vicende di Giacobbe allo scopo di indicare da subito l’atteggiamento giusto nel rapporto con Dio. Noi qui, però, non vogliamo fare i lettori super critici e saccenti, ma lasciarci coinvolgere dal racconto, come desiderava chi ha scritto questi testi. L’INIZIO DI UN ASCOLTO «Esci dalla tua terra, dalla casa di tuo padre, e vai verso un luogo che io ti indicherò» (Gen 12,1). Abbiamo tutti in mente questa chiamata che, soprattutto nella tradizione cristiana, si considera spesso il passaggio centrale per capire la figura di Abramo, visto come un uomo che segue esclusivamente la vocazione divina: lasciare tutto, e seguire Dio. Una lettura più attenta del testo biblico ci offre però un quadro più complesso e, forse, anche più interessante. Abramo, come suo padre Terach, è di Ur dei Caldei, nel Sud della Mesopotamia. In Gen 11,31 si dice che lascia, sì, quella terra, ma non suo padre. In effetti, la lascia insieme a lui, ai di Angelo Fracchia, biblista COSÌ STA SCRITTO ♦ UOMINI E DONNE DEL PRIMO TESTAMENTO camminatori di speranza MC R UN ARRIVO CHE È INIZIO Quando Abramo arriva nella terra di Canaan, questa ovviamente non è vuota (Gen 12,6), né lui si trova immediatamente trasformato in un popolo. Eppure, in questa terra che non è sua, senza nulla che gli confermi di aver fatto bene ad ascoltare la voce di Dio, Abramo gli innalza un altare, come ringraziamento, segno di dedizione e luogo di incontro (Gen 12,7), come farà altre volte in seguito. Lungo il racconto, la promessa divina si fa sempre più precisa:  dapprima parla di fare di Abramo una grande nazione e un nome benedetto (12,1-2);  poi Dio garantisce che sta parlando della terra che Abramo vede davanti a sé, e che sarà offerta ai suoi discendenti (12,7-8);  quindi promette che quella discendenza sarà numerosa come la polvere della terra ed erediterà tutto ciò che si vede (13,14-17);  più avanti, che la discendenza di Abramo sarà numerosa come le stelle del cielo (15,4-5);  e vivrà in un territorio dai confini precisi che andranno ben oltre ciò che un essere umano può vedere solo con lo sguardo (15,18-21);  e poi che addirittura Abramo sarà capostipite non solo di un popolo ma di «una moltitudine di popoli», che abiterà proprio lì in Canaan e vivrà per sempre in comunione con Dio (17,4-8). Questo elenco non esaurisce tutte le promesse e benedizioni divine ad Abramo raccolte nella Genesi, ma è già sufficiente per farci stupire del fatto che, davanti a tante promesse e al fatto che finora lui non abbia nulla in mano, Abramo si fida comunque di Dio. suoi ordini. È Terach a prendere figlio, nuora e nipote (Lot) per andare nella terra di Canaan, che sarà poi quella che Dio indicherà ad Abramo. Sul cammino, la piccola comitiva si ferma per qualche tempo a Carran, nel Nord della Mesopotamia, più o meno a metà strada, e lì Terach muore. È a questo punto che arriva la chiamata divina ad Abramo. Abramo inizia il suo viaggio semplicemente ubbidendo al padre (come in quella società era previsto facesse, tanto più che non aveva figli propri), ma poi si interrompe a un certo punto per la morte dello stesso. Che cosa fare ora? Nulla dice che Terach avesse condiviso che cosa sperava di trovare in Canaan, e Abramo, suo figlio primogenito ed erede, si trova ora responsabile di una moglie e un nipote. Tornerà indietro con il proprio gregge o proseguirà? In base a che cosa? Ecco la svolta: Abramo si pone in rapporto con qualcuno che non è suo padre defunto e non è una garanzia mondana. Si mette in relazione e si fida di Qualcuno che, pur non offrendogli prove, gli chiede di affidargli la sua vita con la semplice promessa che non lo abbandonerà. A 75 anni (Gen 12,4), Abramo ascolta una parola che non gli promette vittoria e bottino, ma di diventare una benedizione per gli altri, e di trasformarsi (lui, vecchio e con una moglie vecchia e sterile) in una grande nazione. Un pazzo illuso, potremmo dire. Ma Abramo parte. Anzi, diciamo che riparte, o prosegue, perché nulla, esteriormente, è cambiato nel suo viaggio, se non che la comitiva ha una persona in meno, che è morta. Eppure dentro tutto è diverso. Abramo, l’amico di Dio 32 gennaio-febbraio 2023 MC

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