Missioni Consolata - Luglio 2022

A Satoshi, gli attori informatici che lavorano in rete con lo scopo di procurarsi bitcoin, apparvero come dei cercatori d’oro e li chiamò minatori. Si stima che, a livello mondiale, i minatori di bitcoin siano attorno al milione, sparsi un po’ ovunque. Alcuni di dimensione artigianale, attrezzati solo di pochi computer amatoriali, altri di dimensione industriale dotati di apparecchiature imponenti. E poiché si tratta di un’attività altamente energivora, chi decide di svolgerla in maniera industriale cerca di collocare le proprie macchine in paesi con bassi costi energetici. «MINATORI» DAL KAZAKISTAN AL TRENTINO Per un certo periodo molti avevano prediletto la Cina, ma poi sono stati cacciati dal governo di Pechino perché assorbivano una tale quantità di energia elettrica, da creare scompensi. C’è stato, quindi, un esodo in massa verso il Kazakistan il cui governo si era dichiarato disposto ad accoglierli a braccia aperte. Ma anche qui si è assistito ad una tale crescita dei consumi energetici da fare salire i loro prezzi alle stelle, tanto da fare imbestialire gli abitanti del paese che, nel gennaio 2022, hanno organizzato varie sommosse. Di minatori di bitcoin ce ne sono anche in Italia ed è curioso che, tra essi, compaia anche il comune di un paesino della trentina Val di Non, Borgo d’Anaunia*, che ha deciso di utilizzare parte dell’energia prodotta dalla propria centrale idroelettrica per alimentare un centro di calcolo dedicato alla creazione di bitcoin. Quale vantaggio riuscirà a procurare alle casse comunali è tutto da scoprire, mentre è certo che servirà un esborso di 130mila euro per acquistare i computer di calcolo. Si narra che i primi bitcoin siano stati minati da Satoshi nel 2009 quando sigillò il primo block chain passato alla storia come block genesis. E il primo acquisto in bitcoin di cui si ha notizia risale al 22 maggio 2010 allorché vennero pagati 10mila bitcoin per due pizze che costavano 41 dollari. Nei dieci anni successivi il valore del bitcoin è cresciuto milioni di volte, per cui è diventato più attraente come prodotto d’investimento che come mezzo di pagamento. Non così per chi opera nell’illegalità a cui fa molto comodo poter trasferire denaro rimanendo nell’ombra. Per trafficanti d’armi, di droga, d’organi di esseri umani, ma anche per evasori fiscali interessati a trasferire i propri capitali nei paradisi fiscali, la possibilità di pagare in bitcoin o altre criptovalute è una vera benedizione perché garantisce l’anonimato. Secondo la società informatica Chainalysis, nel 2021 il volume di pagamenti effettuati in criptomonete, da parte dell’economia criminale, è stata pari a 14 miliardi di dollari. Un ammontare che però rappresenta appena lo 0,6% del volume complessivo di transazioni in criptovalute stimato in 15mila miliardi di dollari, molti dei quali scambiati solo per fini speculativi. LA SPECULAZIONE NON MUORE MAI È proprio la speculazione la degenerazione più beffarda inflitta ai bitcoin: uno strumento pensato per contrastare l’invadenza della finanza ha finito per rafforzarla. Speculare significa cercare di guadagnare sulle variazioni di prezzo. Un’operazione che riesce particolarmente bene quando sussistono due condizioni: scarsità del bene trattato e alta richiesta. Due caratteristiche possedute dai bitcoin che, essendo a emissione limitata, sono particolarmente ricercati come lo sono i francobolli rari o i pezzi d’arte di un grande artista. Fatto sta che, mentre nel 2009 un bitcoin valeva qualche millesimo di dollaro, a inizio 2022 era pagato 50mila dollari, nel novembre 2021 addirittura 67.500 dollari. Per la gioia di minatori, di broker e vari altri intermediari finanziari. Quando un bene o un titolo sale di prezzo fa drizzare le orecchie non solo agli speculatori, ma anche ai normali risparmiatori alla ricerca di investimenti capaci di assicurare stabilità di valore nel R MC Denaro elettronico | Intermediari finanziari | Speculazione tempo, meglio ancora una sua crescita. Così i bitcoin hanno finito per essere anche una forma di tesaurizzazione, un bene rifugio in cui investire per mettere il proprio denaro al riparo da svalutazioni. Lo stesso intento perseguito quando si compra dell’oro, delle opere d’arte o altri preziosi. Il che ha stimolato l’industria della finanza a emettere nuovi prodotti finanziari che, pur essendo annoverati fra le criptovalute, sono concepiti più come proposte di investimento che come monete di scambio. Alcuni esempi sono Etherum, Bne, Tether, Solana, beni non fungibili (in inglese, Non fungible tokens - Nft) che consentono a chi li emette di venderli in cambio di denaro di tipo tradizionale (dollari, euro, yen) e a chi li acquista di aggiudicarsi prodotti che il mercato dovrebbe far crescere di valore. Ma il mercato è bizzarro e, con la stessa facilità con cui può spingere i prezzi alle stelle, può riportarli alle stalle. Prova ne sia che, a inizio maggio, le monete elettroniche avevano perso metà del loro valore rispetto al novembre precedente. Il che dimostra quanto sia labile la linea di confine tra investimento e scommessa. ACCADE IN SALVADOR In ogni caso, va aggiunto che ora anche gli stati stanno guardando con interesse alle criptomonete. Valga come esempio il Salvador che, nel settembre 2021, ha dato riconoscimento ufficiale ai bitcoin, mentre le banche centrali di molti paesi stanno pensando di creare la propria moneta elettronica. Segnali di come le criptomonete siano destinate a fare ancora parlare di sé e a imporsi sempre di più nelle nostre vite future. Francesco Gesualdi (*) Sempre nel piccolo Trentino, si possono trovare società di criptovalute: alpsblockchain.com (Trento), comproeuro.it (Rovereto). 25 luglio 2022 MC

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