Missioni Consolata - Luglio 2022

economico altrettanto criminale, costretti a lasciare paesi invivibili per la violenza e finiti a vivere nel nulla». Migliaia di persone in attesa di valicare il confine con gli Usa o deportados che, una volta arrivati nel «paese pavimentato d’oro», sono stati rispediti indietro e ora vivono in strada perché si vergognano di tornare a casa, o perché sono diventati tossici o alcolisti. UNA FEDE INCROLLABILE Durante la búsqueda internacional sono stati ritrovati 29 desaparecidos morti e 4 in vita, e si sono individuate alcune piste su cui la Comisión nacional de búsqueda sta proseguendo le indagini. Ma le búscadoras e i buscadores non si fermano, vanno avanti nelle loro ricerche per tutto l’anno. «Per fare una vita così, occorrono un coraggio e una fede incredibili. Sono quasi tutti molto religiosi, hanno una grande fede in Dio e fiducia di ritrovare i loro cari malgrado siano passati anni», dice Zamburru. «Ogni mattina, prima di mettersi all’opera, si riuniscono per pregare insieme. Una volta ho domandato come facecessero a credere ancora in Dio, e una madre mi ha risposto che se lei, povera donna ignorante, era lì a impegnarsi insieme a tutti gli altri, doveva per forza esserci un senso». «A Dio chiedo di darmi la forza per continuare a cercare, perché l’incertezza ti consuma dentro e non ti restano che la tua fede e la speranza, da non perdere mai», dice Patricia Manzanares. «A Lui chiedo soltanto di non lasciarmi morire senza aver prima conosciuto la verità su quanto è successo a mio figlio». Stefania Garini * MESSICO 22 luglio 2022 MC Il lutto impossibile Su YouTube Videopillole della I Brigada internacional de búsqueda di Ugo Zamburru sono disponibili sul canale YouTube di Carovane Migranti: htpps://bit.ly/35dphCg. «Ogni giorno non faccio che pensare a dove possa trovarsi mio figlio, se mangia, se lo picchiano, se è vivo o morto. Voglio trovarlo, ma non voglio trovarlo». Patricia Manzanares Ochoa esprime così quella costante e tormentosa ambiguità che colpisce tutti i buscadores: in bilico tra la volontà di ritrovare le spoglie dei propri cari, uscendo dall’incertezza, e il desiderio di non trovarli per serbare la speranza che siano ancora vivi. Un vortice di pensieri e sentimenti contrastanti tipico di ogni «perdita ambigua», come l’ha definita la psicoterapeuta Pauline Boss negli anni ’70 in riferimento ai familiari dei soldati dispersi in Vietnam. Nella perdita ambigua, l’indeterminatezza della situazione accresce il dolore e ostacola la normale elaborazione del lutto, con possibili esiti patologici (senso d’impotenza, depressione, ansia, conflitti relazionali). Diventano quindi fondamentali la ricerca di significato e la speranza, per sviluppare un approccio costruttivo alla vita e darsi obiettivi realistici. In questi casi la certezza della morte risulta più accettabile del dubbio continuo. Il riconoscimento ufficiale e i riti collettivi che l’accompagnano possono essere di grande aiuto. Come dice Cecilia Delgado Grijalva, «quando ho ritrovato mio figlio ho provato un dolore straziante; ma sapere che è morto, mettere fine all’incertezza e offrirgli finalmente una cerimonia funebre, in un certo senso ha mitigato le mie sofferenze. Tutte le famiglie e le mamme dovrebbero avere la possibilità di compiere questi gesti di cura postuma, perciò non mi stanco di aiutare gli altri nella loro ricerca». S.Ga. A sinistra: lo psichiatra torinese Ugo Zamburru con Oscar J. M. Cortés, il cui figlio è sparito nel 2008 (due dei rapitori sono stati identificati, ma restano a piede libero). | In basso: scarpe, pantaloni e uno scheletro umano trovati nel deserto tra Messico e Usa. * © Ugo Zamburru

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