Missioni Consolata - Gennaio/Febbraio 2022

associazioni ambientaliste, bisognava porsi obiettivi più ambiziosi in ognuno di questi ambiti. Anche se va detto che il grande assente dal piano è la lotta allo spreco e al consumismo. La conferma di come il sistema continui ad illudersi di poter risolvere la crisi ambientale limitandosi al solo cambio di tecnologia. Ma la crisi in atto non è solo climatica, si estende a ogni tipo di risorsa e rifiuto. Per cui potremo avere qualche possibilità di successo solo se all’efficienza abbineremo la sufficienza. Ossia cercheremo di produrre meglio, mentre accetteremo di produrre e consumare di meno. Un modello da cambiare Recentemente la Iea, l’Agenzia internazionale per l’energia, ha pubblicato due rapporti: uno sulla strada da perseguire per arrestare la crescita della CO2, l’altro sugli ostacoli che la strada alternativa rischia di incontrare. La strada indicata è di prediligere l’elettricità come fonte di energia, anche per i trasporti, purché generata da fonti rinnovabili. I limiti che però questa strada rischia di incontrare sono legati ai minerali che le nuove tecnologie richiedono, specie per la mobilità elettrica. Rame, litio, cobalto, nickel, sono metalli poco abbondanti, che oltre tutto richiedono molta energia e molta acqua per i processi di lavorazione. Una chiara ammissione di scarsità che avvalora la necessità di abbandonare il modello consumi48 gennaio-febbraio 2022 stico non solo per esigenze di sostenibilità, ma soprattutto di equità. Finché abbiamo tenuto l’attenzione solo sulla nostra parte di mondo ed abbiamo trattato la giustizia sociale come una mera questione interna alle nostre nazioni ricche, ci è sempre sfuggito il nesso fra sostenibilità ed equità. Tanto meno abbiamo sentito il bisogno di mettere in discussione il modello consumista. Al contrario lo abbiamo giustificato, addirittura glorificato considerandolo obiettivo di sviluppo da garantire a tutti. Ma il «tutti» che avevamo in mente non arrivava ai confini del mondo, si fermava ai residenti nella nostra torretta d’avorio. I nostri connazionali erano gli eletti a cui ritenevamo di dover garantire ogni forma di amenità. E abbiamo costruito un mondo ingiusto dove una minoranza ricca fa la parte del leone nel consumo delle risorse, e, ahinoi, nella produzione di rifiuti. A titolo di esempio, i paesi aderenti all’Ocse, tradizionalmente i più ricchi, pur ospitando solo il 18% della popolazione planetaria, consumano il 40% dell’energia prodotta a livello mondiale. Quanto all’ambiente, non ci siamo mai occupati un granché delle sue sorti: eravamo sicuri che ce l’avrebbe fatta. Le risorse per noi élite c’erano, gli spazi ambientali pure: finché non abbiamo visto i primi segni dei cambiamenti climatici, per noi la questione ambientale non esisteva. Ma oggi che la crisi si è fatta evidente, dobbiamo scegliere che tipo di sostenibilità vogliamo perseguire: se quella dell’apartheid che destina le poche risorse esistenti al consumismo di pochi, o quella dell’equità che privilegia i diritti per tutti. Simbolicamente, la scelta è: auto elettrica per una minoranza o beni e servizi fondamentali per tutta l’umanità? Domanda oziosa per i cristiani: la Chiesa ci ha sempre insegnato a scegliere la giustizia, intesa addirittura in senso estensivo. Ossia riferita non solo ai viventi di oggi, ma allar- © Centro nuovo modello di sviluppo ssier Qui: l’impronta di carbonio procapite media per classi di reddito: a livello mondiale il 10% più ricco (circa 700 mi lioni di persone) è responsabile del 49% delle emissioni climalteranti, mentre il 50% più povero (circa 3 miliardi di individui) contribuisce solo per il 7%. A destra: un vec chio distributore della Shell; le multinazionali del petro lio hanno lavorato sottobanco per annacquare gli accordi di Glasgow e/o per il greenwashing.

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