Missioni Consolata - Gennaio/Febbraio 2022

* 20 gennaio-febbraio 2022 MC Diventa l’assistente personale del professore, e vince una borsa di studio in fotografia allo Ied (Istituto europeo di design) di Torino. Porta avanti entrambi i percorsi e decide, dopo il diploma allo Ied, di recarsi ad Amsterdam, in Olanda per studiare presso la prestigiosa Gerrit Rietveld Academie. Il progetto di tesi che la porterà a destinare definitivamente la sua professione alla fotografia umanitaria con tema centrale l’infanzia, è un lavoro sulle mine antiuomo a Sarajevo. È il primo progetto fotografico di Elena: con la sua fotografia racconta i bimbi nati fra il 1992 e il 1994. Non hanno quasi vissuto la guerra ma ne portano nella mente i segni devastanti. Le conseguenze meno evidenti forse, ma non meno lesive di un’infanzia che non si può definire tale. Questi bambini e adolescenti, non hanno spazi dove giocare, e spesso i genitori sono mutilati e invalidi a causa del processo di sminamento avviato dal governo serbo che elargisce denaro in cambio di persone che si rechino a sminare i campi. Il progetto «Pazi Mine» vince il premio Fnac e fa incontare Elena con un’artista olandese: Hetty Van Der Linden. Hetty porta avanti da anni un laboratorio con bambini, dal nome Paint a Future. Attraverso la pittura, questa artista chiede ai bambini e agli adolescenti di dipingere il proprio futuro. Elena comprende la forte valenza terapeutica dell’arte e decide di fare lo stesso con il proprio lavoro. BRASILE Elena continua il suo viaggio. Grazie al bando Movin’ Up finanziato dal Gai (Giovani artisti italiani) raggiunge Florianopolis, capitale di Santa Catarina (Brasile). Qui conosce la povertà delle favelas ma anche il valore reale dell’arte: grazie al lavoro di Hetty e alla sua onlus «Paint a Future», infatti, sono stati raccolti fondi e sono state costruite delle case nelle quali gli abitanti delle favelas possono provare a costruire una vita migliore. È a Florianopolis che Elena incontra per la prima volta, a tu per tu, dolore, violenza, povertà e disperazione. Dapprima non sa come dare una mano e inizia a fare volontariato, ma presto capisce che portare cibo e abiti non basta, e che può aiutare con la sua arte corpo e mente. Decide che vuole provare a dare ai bambini che incontra la possibilità di volare via. Elena si procura un tappeto e inventa una storia: un mago, che aveva girato il mondo con il proprio tappeto volante su cui aveva fatto salire tanti bimbi, poteva aiutare a visitare mondi meravigliosi perché i sogni sono infiniti e gratuiti. Elena si muove nelle favelas con il suo tappeto magico e il desiderio di regalare uno scampolo di bellezza a questi ragazzi che vivono ai confini della società. Posiziona il tappeto per terra, racconta loro la storia del mago e chiede dove vorrebbero andare. Nel mondo del racconto, Elena scatta una fotografia. Il progetto «Flyng Away» si sposta più a Nord, nelle carceri minorili di Salvador, Bahia, dove ogni settimana vengono incarcerati circa 40 bambini e adolescenti tra i 9 e i 18 anni. IN CARCERE In carcere avviene uno di quegli incontri che Elena non dimenticherà più: è quello con Emmesson, un adolescente recluso per furto. «Quel tappeto non vola, non ha la benzina», è la prima frase di Emmesson, a cui segue la risposta di Elena: «La benzina è la tua mente, se tu vuoi, puoi». Dapprima restio a lavorare con la fotografa, diventa uno dei suoi più fidati assistenti, e la aiuta a ITALIA Qui: Dilva, 8 anni, di Aleppo. «Vorrei una casa». Sotto: Genivaldo, 17 anni, Salvador. «Ho volato a Fernando de Noronha con la mia ragazza». Al centro: Taiane, 4 anni, Gostavo 3 anni, Florianopolis. «Vor remmo volare come uccellini, liberi nel cielo». * * * *

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