Missioni Consolata - Novembre 2015

nienza e profitto, anziché di distintività, qualità e si- curezza. Un modello che non sopravvaluta le nuove tecnologie e tiene invece conto del fatto che esse possono anche causare pesanti impoverimenti del- l’agricoltura e delle comunità locali. Carlo Petrini (uno che sa il fatto suo) fa l’esempio del mais trans- genico importato in Messico in quantità colossali, con la conseguenza che i contadini di quel paese (già fiorente produttore di mais) oggi sono costretti alla fame. Mentre cresce massicciamente nel mondo l’uso della terra per la produzione di biocar- buranti, con la conseguente conversione di milioni e milioni di ettari di terreno, così sottratti alla pro- duzione di cereali che sta infatti subendo una forte flessione su scala mondiale. Raccontare questo modello di sviluppo significa an- che porsi in connessione con i problemi del cibo a li- vello globale, in particolare quello drammatico della fame nel mondo. Perché la fame nel mondo non è tanto legata alla scarsità di cibo, quanto piut- tosto alla sua accessibilità e ripartizione. Un qua- dro aggravato e incancrenito proprio dalla conce- zione del cibo come merce e non come bene co- mune. Di qui il grande paradosso della malnutri- zione: il cibo sprecato è un terzo del cibo prodotto ed è quattro volte la necessità di coloro che nel mondo soffrono la fame. Uno scandalo che anche papa Francesco stigmatizza in Laudato si’ , la sua straordinaria enciclica. Gian Carlo Caselli NOVEMBRE 2015 MC 43 G LI AUTORI • Giulia Bondi - Giornalista e fotografa freelance, scrive di mi- granti, diritti, storia contemporanea, viaggi a bassa velocità. Il suo blog è partiallyfree.wordpress.com , il suo profilo twitter è @gnomade . • Gian Carlo Caselli - Magistrato tra i più noti, oggi in pensione, da un anno tiene su MC una rubrica su legalità e giustizia. • Angela Lano - Giornalista, esperta di mondo islamico, colla- bora da anni con MC. • Maurizio Pallante - Da molti anni si occupa di politica energe- tica e tecnologie ambientali. Autore di numerosi saggi di divul- gazione scientifica, è presidente del «Movimento per la decre- scita felice». • Redazione MC - Marco Bello, Luca Lorusso, Paolo Moiola hanno curato questo dossier. Infine, il Rapporto registra un’ulteriore pericolosa evoluzione, il cosiddetto money dirtying , fenomeno speculare al riciclaggio. Con il riciclaggio i capitali sporchi affluiscono nell’economia sana; per contro, nel money dirtying i capitali non sono di origine cri- minale, ma solo opachi o addirittura puliti, ma essi vengono indirizzati verso circuiti di investimento « border line », nei quali si registrano presenze tipi- che dell’economia sporca, compresa quella mafiosa. Le mafie considerano particolarmente interessante e vantaggioso questo tipo di operazioni. Soprat- tutto per un motivo «relazionale», che consiste nella possibilità di entrare in contatto (sul piano na- zionale e internazionale) con imprenditori rispetta- bili, uomini d’affari, operatori del settore creditizio, esponenti della politica e del mondo istituzionale. Insomma, la possibilità di frequentare salotti e am- bienti «buoni» con i quali si possono combinare lu- crosi affari. Altro problema ancora è che un terzo dei prodotti agroalimentari italiani, venduti in Italia o esportati col marchio «Made in Italy», contiene materie prime importate dall’estero, e ciò - troppe volte - all’insaputa dei consumatori e a danno delle im- prese agricole oneste. Con punte incredibili e inquietanti nel mercato dei pomodori. Dalla Cina ne arrivano in Italia milioni di tonnellate diventando strumento di imponenti con- traffazioni ai danni del consumatore, il quale spesso si trova sugli scaffali conserve e barattoli riportanti il tricolore italiano, ma che in realtà contengono prodotti cinesi. Per di più realizzati nei «laogai», veri e propri campi di concentramento dove sono ammassati a decine di migliaia i dete- nuti politici e i dissidenti ostili al regime, co- stretti a lavorare fino a 18 ore al giorno. I «laogai» - pur con enormi differenze - evo- cano nel nostro paese il problema (stretta- mente connesso alle agromafie e diffuso in molte parti d’Italia) del lavoro nero e dello sfruttamento che con esso si realizza, talora con forme vicine alla riduzione in schiavitù. Ricordo che l’articolo 603 bis del Codice pe- nale, introdotto nel settembre 2011, prevede e offre la possibilità di reprimere la piaga del caporalato. Cibo come merce o come bene comune Il modello di sviluppo agroalimentare basato sul parametro della legalità è quello che consi- dera il cibo come «bene comune»; non soprat- tutto (o esclusivamente) come «merce» da far circolare sulla base di criteri di maggior conve- DOSSIER MC POMODORI NERI

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