Missioni Consolata - Novembre 2015

NOVEMBRE 2015 MC 17 vora sono davvero diversi: il Pole- sine segnato dall’alluvione del 1951 lo vede protagonista del quotidiano, capace di un ascolto che ricompone le contrapposi- zioni, pellegrino nelle case della parrocchia con il «cartoccetto» della cena, pedalatore instanca- bile per raggiungere un infermo o condividere un dramma fami- liare. Lo stupore sul volto di chi lo conosce sarà, anche dopo la sua morte, una prova di tutto questo. La Svizzera ridisegna i confini del ministero di don Sandro, ma non il suo cuore che vi farà l’espe- rienza del lavoro in fabbrica, della condivisione dei disagi dei mi- granti italiani, dell’ordinarietà della cura della fede. Anche le fratture dell’io, con le paure esi- stenziali dei momenti di fragilità, non risparmiano il respiro di don Sandro che, grazie alla paternità del vescovo, e all’affetto fermo della mamma, trova una risposta positiva alla sua ricerca di un ser- vizio sempre più intenso. In Svizzera, tra i migranti italiani si colloca il discernimento che lo spinge oltre oceano. È al termine di un viaggio di ricognizione con il confratello don Sergio, oggi arci- vescovo di Santa Cruz de la Sierra in Bolivia, che una mano di grazia lo aiuta a trovare casa a Santa, nella diocesi di Chimbote in Perù. Adesso la missione assume le ca- ratteristiche dell’ ad gentes , pro- prio il paradigma dell’azione pa- storale della Chiesa. E la storia immerge volti e racconti nel cuore del missionario. L’amicizia sincera e fraterna con Gustavo Gutierrez, padre della teologia della liberazione, è un po’ come lo scrigno da cui don Sandro attinge per impegnarsi senza limiti nelle opere e nella pastorale, nell’intento di pro- porre ai suoi fedeli una predica- zione concreta, calata nella sto- ria, capace di raggiungere il cuore e la vita della gente, dei poveri soprattutto. Camilla, sua fedele collaboratrice dai tempi della Svizzera, racconterà le sue litur- gie quotidiane: dapprima cariche di silenzi, poi con poche parole che riconducono il Vangelo a una famiglia, un ammalato, un disoc- cupato, un senza Dio, un giovane e a chi può avere più bisogno di una Parola di Grazia. La liturgia non può che diventare storia, al- trimenti si riduce ad archeologia. Ed è prendendosi cura dei piccoli e degli ultimi che la liturgia rea- lizza la dimensione profetica che le è propria, e apre gli orizzonti della speranza. Sa bene don San- dro che non si tratta di trovare lungo la strada verso la parroc- chia di Santa, ancora oggi conti- nua il suo cammino nel sangue: sì, perché qualche ora più tardi, una suora bergamasca giunta sul luogo dell’assassinio, ha raccolto un pugno di terra impastato di sangue. Oggi è la reliquia più pre- ziosa che portiamo con noi nella fedeltà al mandato missionario. La missione nasce dalla dinamicità della fede. Alessandro Dordi, figlio della terra bergamasca, nato il 22 gen- naio 1931, respira da subito quel senso del dovere che scaturisce dall’essenzialità dell’esperienza cristiana e dalla sobrietà della vita di montagna. È il secondogenito di una famiglia che alla fine con- terà 9 figli. La profondità di spirito che viene dall’ascolto della na- tura lo accompagnerà sempre, nell’austera vita del seminario e della formazione, nelle espe- rienze del Polesine, della Svizzera e poi del Perù, sicuramente tappa, quest’ultimo, in cui espri- merà tutta la maturità della sua adesione al progetto di Dio. La comprensione della povertà come luogo teologico diventa sempre più concreta man mano che il servizio sacerdotale gli per- mette di immergersi nella storia degli uomini. I contesti in cui la- # Da sinistra : don Alessandro Dordi. | Il vescovo di Bergamo, mons. Giuseppe Piazzi, consegna il cro- cifisso a don Dordi prima della partenza per il Po- lesine. | Il luogo del martirio sulle montagne at- torno a Santa, in Perù. • Fidei Donum | Martirio | Missione | Sendero Luminoso • MC ARTICOLI

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