Missioni Consolata - Ottobre 2015

MC RUBRICHE UnA ProFezIA SContAtA Devo iniziare con un riferimento personale. Me ne scuso, ma è necessario. Nel 1999, quando vivevo a Gerusalemme, pubblicai un romanzo dal titolo «Ha- bemus Papam, Francesco». Alla vigilia del Giubileo che segnava il passaggio tra il II e il III Millennio, im- maginavo l’arrivo di un papa che prendesse il nome «Francesco» e cominciasse a riformare sul serio la Chiesa che già allora, nel declino del pontificato di Giovanni Paolo II, viveva i sintomi di un sistema ec- clesiastico che iniziava a precipitare. Nel 2012, a richiesta dei lettori, il romanzo fu ripub- blicato dall’Editore Gabrielli con il titolo «Habemus Papam. La leggenda del Papa che abolì il Vaticano». Questa seconda edizione fu aggiornata al pontificato di Papa Ratzinger, durante il quale il Vaticano fu tea- tro di fatti scandalosi e di corruzione, così gravi da portare lo stesso Papa a rassegnare le dimissioni, le prime dopo quelle del 1294 di Celestino V, il Papa che con l’istituzione della «Perdonanza» di Colle- maggio (L’Aquila), anticipò di quattro anni il primo Giubileo della Chiesa Cattolica, proclamato per l’Anno Santo del 1300 dal suo successore, Papa Bo- nifacio VIII della famiglia «Cajetani». L’idea di un papa che prendesse il nome Francesco, anticipata di tredici anni e poi ribadita l’anno prece- dente la sua realizzazione, non fu una preveggenza perché il cristiano non ha bisogno di arti magiche per leggere il futuro, gli è sufficiente avere gli stru- menti adatti alla lettura dei «segni dei tempi» (Mt 16,2-3; cf Lc 12,54-56; Vangelo [apocrifo] di Tom- maso , n. 91) che sono il Vangelo e la Storia, accostati senza prevenzioni. Usare questi strumenti è il modo «ordinario» per conoscere il senso e la profondità di ciò che accade e anche di quello che verrà. Oggi, ascoltando il papa, spesso gli sento pronun- ciare le stesse parole del Papa del romanzo o vedo che compie gesti simili al Francesco letterario, e non mi meraviglio perché il Papa crede che lo Spirito Santo guidi la storia e le ragioni profonde dell’agire. Non ha quindi idee o interessi o privilegi da difen- dere. Con il cuore libero sa discernere le esigenze del Regno di Dio, distinte dagli schemi dei propri convincimenti. Papa Francesco è isolato all’interno del «sistema clericale» e alcuni non lo nascondono nemmeno: sono gli stessi che prima difendevano il «primato del Papa», ma solo perché il pensiero del Papa di turno coincideva con il loro. È sufficiente che un Papa pensi secondo Dio con spirito di servizio, combattendo la perversione del potere e lo spirito di casta, che di solito degenera nella corruttela, ed ecco montare un muro di resistenza strisciante. Papa Francesco ha il senso di Dio perché è affamato di umanità e sa di rappresentare sulla terra quel Cri- sto, che è «Lògos [che] carne fu fatto» (Gv 1,18). Si presenta all’umanità non come maestro di princìpi e dispensatore di dottrina, difensore di tradizioni pas- sate e fustigatore di costumi, ma semplicemente come il servo del Dio incarnato che viene a misurarsi con il passo delle persone alle quali prospetta e offre un orizzonte che solo nella libertà e nell’amore è possibile. Si può dire che Papa Francesco esprima l’anelito e l’ansia pascaliani di non preoccuparsi del Dio della fi- losofia e delle dimostrazioni apologetiche, ma unica- mente del Dio incontrato e sperimentato nella sua storia e in quella dei suoi compagni e compagne di viaggio: «Fuoco. Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe, non dei filosofi e dei dotti … Dio di Gesù Cristo» (B. Pascal, Memoriale ; cf anche Pensieri , 5, 362, 366, 556; 602, 730). Qualche giorno dopo la morte di Blaise Pascal (1623- 1662), un domestico trovò cucito nella fodera di un suo indumento, un foglio autografo in cui filosofo e scien- ziato faceva riferimento a un’esperienza, forse mistica, avvenuta nella notte del 23 novembre 1654. Il breve documento è conosciuto come «Memoriale» e riporta la celebre frase: «Fuoco. Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe, non dei filosofi e dei dotti … Dio di Gesù Cristo». DA SoMMo PonteFICe A «Servo DeI ServI» Per capire Papa Francesco e la scelta d’indire un Giu- bileo Straordinario sulla Misericordia, bisogna ritor- nare a quella sera straordinaria del 13 marzo 2013, quando dopo la fumata bianca e l’annuncio del car- dinale protodiacono: «Habemus Papam … Franci- scum», il primo latinoamericano della storia e il primo gesuita papa, si è affacciato alla loggia delle benedizioni. Da subito gli addetti del mestiere hanno capito che molto era cambiato, già solo al ve- derlo vestito di bianco e senza la mozzetta scarlatta e la stola cosiddetta di «Pietro e Paolo». Accanto al Papa, alla sua sinistra, stava terreo e sudato il ceri- moniere pontificio che sul braccio teneva piegata la stola pontificia. È stata una scena indimenticabile perché ha segnato il confine irreversibile tra un «prima» e un «poi» (cf V. Gigante - L. Kocci, La Chiesa di tutti , prefazione di Paolo Farinella, Altrae- conomia, Milano 2013). Per la prima volta nella sto- OTTOBRE 2015 MC 25 # A sinistra: apertura della porta santa della basilica di Collemaggio a L’Aquila in occasione del Perdono di Cele- stino (o «Perdonanza celestiniana»), che si celebra ogni anno il 24 agosto. In alto: il momento in cui il neo eletto papa Francesco chiede la benedizione del popolo di Roma. © AFP/Vincenzo Pinto

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