Missioni Consolata - Giugno 2015

La testimonianza di un sopravvissuto a S-21 «Perché lo avete fatto?» Il pittore Vann Nath, morto nel 2011, è stato rinchiuso nella prigione S-21. L’in- tervistatore è stato talmente colpito dalla sua storia che gli ha dedicato un ro- manzo, S-21. Nella prigione di Pol Pot . marcia davanti a un gruppo di rivoluzionari. Avrebbe dovuto essere costruito al posto del Wat Phnom ( un tempio buddista, ndr ). Nel frattempo dovevo dipin- gere ritratti di Pol Pot». Ha mai incontrato Pol Pot? «Mai. L’ho visto solo in fotografia». Il regime di vita è sempre stato brutale? «No, verso la fine del 1978 il regime si fece improvvi- samente più rilassato e non c’erano quasi più tor- ture. Anche le guardie si mostravano più gentili. Penso che il regime avvertisse l’imminenza della guerra con il Vietnam e cercava appoggi all’estero». Dopo la sua liberazione ha dipinto quadri che raffi- guravano scene di vita quotidiana all’interno della prigione. È stato testimone diretto di tutto ciò che ha rappresentato? «La maggior parte le ho viste direttamente: i prigio- nieri sdraiati e incatenati, quelli stremati e affamati, le unghie strappate durante gli interrogatori, i morsi dei serpenti o degli scorpioni, le scosse elettriche. Sentivo le urla di dolore, i pianti dei neonati e delle loro madri. Vedevo i prigionieri caricati sui camion e portati a Choeung Ek. I camion tornavano vuoti e tutti capivamo che fine avremmo fatto. Altre, in- vece, mi sono state raccontate da altri sopravvissuti, come il dipinto del khmer rosso che uccide un neo- nato sbattendolo contro un albero». S -21 era il nome di una ex scuola di Phnom Penh convertita in prigione dai Khmer Rossi. Il suo direttore era Kaing Guek Eav, conosciuto come Duch . I n essa, principalmente tra il 1976 e il 1978, vennero reclusi gli oppositori del regime di Pol Pot. Vann Nath, pittore, è stato uno dei pochi prigionieri sopravvissuti alla S-21. Quella che segue è un’intervi- sta concessa poco prima della sua morte, avvenuta nel 2011, in una galleria che esponeva i suoi quadri, osservati dagli sguardi attoniti dei visitatori: «Com- prendo la loro incredulità, ma tutto ciò che ho di- pinto è accaduto veramente», ha esclamato d’un tratto Nath mentre mi accompagnava nella stanza in cui viveva e lavorava. Dal 1979, anno in cui era stato liberato dall’incubo, Nath ha dedicato la sua vita a testimoniare la sua esperienza nella S-21. Quando e perché è stato arrestato? «Sono stato arrestato alla fine del 1977, ufficial- mente per aver offeso l’Angkar ( l’organizzazione po- litica dei Khmer Rossi, ndr ). Ricordo che, per setti- mane intere, ho cercato di ripercorrere ogni parola, ogni mio gesto per risalire all’attimo in cui è stato deciso il mio arresto. Ma non sono riuscito a indivi- duarlo. Ero un artista e questo bastava per essere catalogato come nemico». Delle 196 prigioni esistenti in Kampuchea Democra- tica, la S-21 è stata la più «letale». Chi vi entrava poteva uscirne solo morto. Che cosa l’ha salvata? «Mi ha salvato Pol Pot!» - dice ridendo -. «Sì, è vero, Pol Pot mi ha salvato. Duch aveva notato la mia abi- lità artistica e Nuon Chea ( numero 2 nella scala ge- rarchica dei Khmer Rossi, ndr ) gli aveva commissio- nato un monumento plastico raffigurante Pol Pot in

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