Missioni Consolata - Giugno 2015

di Gigi Anataloni EDITORIALE GIUGNO 2015 MC 3 Ai lettori GIUSTIZIA E MENTALITÀ NUOVA A metà aprile sono scappato per un paio di giorni dalla città, questo luogo in cui per vedere il cielo devo guardare in su. Ho fatto un bagno di primavera. Brevissimo. Poi l’inverno è torna- to di prepotenza: i migranti annegati, il terremoto in Nepal, la morte improvvisa di un confra- tello, la violenta manifestazione a Milano, l’aumento della disoccupazione, la gravissima si- tuazione della Grecia, le vuote promesse dei politici, il rapporto Caritas sullo sfruttamento e il traffico di persone nel Sud-Est asiatico, il massacro degli Yazidi, le tensioni in Burundi e anche le piccole gran- di notizie di malattie, speranze deluse, mancanza di lavoro, di fame che mi arrivano alla spicciolata da tante persone che ho amato in Kenya... Sono quasi quarant’anni che faccio questo mestiere, dovrei essere abituato alle cattive notizie. Ma non ci riesco. E soprattutto non riesco ad abituarmi alle spa- rate di quelli che colgono al volo occasioni di forte emotività per fare proposte miracoliste di soluzio- ne ai problemi del mondo. Proposte accattivanti, magari anche esplosive, che, se guardate con oc- chio critico, non vanno oltre il solito buonismo. A nche il grande avvenimento dell’Expo rischia di titillare l’orgoglio buonista senza affrontare le cause vere di un’ingiustizia che penalizza gran parte dell’umanità. Il tema «Nutrire il piane- ta, energia per la vita», è di grande attualità. «Purché non resti solo un “tema”, purché sia sempre accompagnato dalla coscienza dei “volti”: i volti di milioni di persone che oggi hanno fame, che oggi non mangeranno in modo degno di un essere umano», ha detto papa Francesco all’i- naugurazione, nella quale i bambini, modificando l’Inno di Mameli, hanno cantato di essere «pronti alla vita». Ha poi continuato: «Vorrei che ogni persona - a partire da oggi -, ogni persona che passerà a visitare l’Expo di Milano, attraversando quei meravigliosi padiglioni, possa percepire la presenza di quei volti. Una presenza nascosta, ma che in realtà dev’essere la vera protagonista dell’evento: i volti degli uomini e delle donne che hanno fame, e che si ammalano, e persino muoiono, per un’alimenta- zione troppo carente o nociva. [...] Anche la Expo, per certi aspetti, fa parte [... del] “paradosso del- l’abbondanza”, se obbedisce alla cultura dello spreco, dello scarto, e non contribuisce a un modello di sviluppo equo e sostenibile. Dunque, facciamo in modo che questa Expo sia occasione di un cam- biamento di mentalità , per smettere di pensare che le nostre azioni quotidiane - a ogni grado di re- sponsabilità - non abbiano un impatto sulla vita di chi, vicino o lontano, soffre la fame». C ambiamento di mentalità. Ecco le parole chiave. L’aumento degli aiuti e della cooperazione internazionale (arrivando finalmente allo 0,7% del Pil), una riedizione del Mare Nostrum, un’accoglienza più responsabile e condivisa possono aiutare a non far finire in tragedia quello che è già un dramma. Ma non bastano. Occorre un grandissimo cambiamento di mentalità che investa la politica, l’economia e le relazioni internazionali. La politica deve riappropriarsi dell’eco- nomia e non esserle suddita. I paesi da cui fuggono i migranti hanno bisogno di pace, giustizia e lavo- ro. Giustizia soprattutto: nelle retribuzioni di chi lavora (persone, non schiavi); nel commercio delle materie prime e dei prodotti agricoli (non rapina, desertificazione, inquinamento, land grabbing e monocolture); nel movimento delle persone (no alla tratta, al traffico dei minori, al turismo sessua- le). E ancora: eliminare il commercio delle armi, le guerre per procura, la corruzione dei politici, e ri- scrivere i trattati di «libero» scambio. La lista di ciò che si deve fare per evitare il disastro dell’uma- nità è lunga. Troppo ambiziosa per un semplice editoriale e oltre la capacità della singola persona. Ma non si può stare con le mani in mano, aspettando che siano gli altri a cambiare mentalità. Informazione, formazione e azione sono le altre parole chiave per cambiare. Informarsi criticamente, senza accontentarsi di slogan ed emozioni. Approfondire le conoscenze, studiare, capire. E cambiare il nostro modo di fare la spesa, di utilizzare le risorse, di relazionarci con gli altri, di partecipare alla vi- ta politica, di vivere l’ambiente. Torniamo a sognare allora e a fare sognare, non da soli, ma insieme. E torniamo ad agire, comincian- do dal nostro «piccolo»: «Se molti uomini di poco conto - come ha scritto anche Giorgio Torelli -, in molti posti di poco conto, facessero cose di poco conto, allora il mondo potrebbe cambiare».

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