Missioni Consolata - Maggio 2015

58 MC MAGGIO 2015 sofferenza che sono gli ospedali militari dove i soldati di ultima ca- tegoria, i forzati dei trasporti, i portatori ( carriers appunto) muoiono a migliaia. Si parla di 500mila arruolati a forza e 200mila morti. L’esperienza più dura per lei è a Kilwa Kivinje, un posto sperduto a 300 km a Sud di Dar-es-Salaam, un porto di traffi- canti omaniti che razziavano schiavi nell’interno del Tanganika. I morti sono talmente tanti che ogni sera vengono accatastati sulla spiaggia perché la potente marea dell’Oceano Indiano dia loro se- poltura. La montanara è instanca- bile e senza paura. Un angelo per i carriers . Li conosce per nome, li cura, li consola, dono loro il suo splendido sorriso, li accompagna fino alla fine. L a foto più bella di lei è stata scattata proprio a Kilwa. Il fotografo l’ha bloccata nel pieno dell’azione. L’ha chia- mata a posare mentre era impe- gnata a curare qualcuno. In mano ha una garza, al collo il crocefisso. Interessante quel crocefisso. Non è in posizione da cerimonia, ma da lavoro. Così, col cordino stretto alla gola, poteva essere fa- cilmente gettato dietro le spalle perché non impedisse di chinarsi sugli ammalati e curarne le ferite o pulirne i corpi martoriati. E quel sorriso che oltre alla bellezza del viso irradia tutta la gioia e la sere- nità di una donna cui non pesa dedicarsi agli altri perché ha il cuore pieno di Gesù. Ho sempre amato quella foto. L’ho capita di più quando grazie alle nuove tec- rattere della ragazza sana e robu- sta, formata al lavoro, alla disci- plina, alla fede e alla preghiera. At- tiva in parrocchia, si lascia conta- giare da quel giovane prete mis- sionario, padre Angelo Bellani, che ha l’Africa nel cuore e sta par- tendo per il Kenya. Ventenne, nel 1911, Mercede va a Torino e di- venta suora alla scuola dell’Alla- mano: uno che vuole che i suoi missionari siano prima di tutto dei santi. Parte per l’Africa a fine 1914. E si trova gettata nel vortice della guerra, la «grande guerra» che insanguina anche Kenya e Tanganika, opponendo inglesi e tedeschi, mentre anche al suo paese, Anfo, vicino al fronte, la chiesa è trasformata in ospedale militare. Lei e le sue sorelle missio- narie sono buttate in quel mare di KENYA Cenni biografici L a biografia di suor Irene è di una semplicità sconcertante. Il 22 agosto 1891, di sabato, quinta di 12 fi- gli, nasce ad Anfo, un paesino del bresciano sulle sponde del lago d’Idro. Battezzata il giorno dopo, è educata alla fede da genitori ferventi cattolici. Una volta cresciuta, diventa zelatrice dell’Aposto- lato della preghiera e insegna catechismo in parrocchia. Nel 1905 padre Angelo Bellani, missionario della Consolata, visita Anfo prima della sua partenza per la missione del Kenya. Tra le ascoltatrici attente c’è anche la nostra, quattordicenne, che aveva già manifestato il desiderio di farsi missionaria. Nel 1907 le muore improvvisamente la mamma, Annunziata. Nel 1909 il padre si risposa e Mer- cede si trova bene con Teresa, la nuova mamma. Memore dell’incontro con padre Bellani, alla no- tizia che a Torino sono nate le suore missionarie della Consolata, Mercede chiede al padre il per- messo di farsi missionaria. Vinte le sue resistenze con l’aiuto del parroco, don Capitanio, il 19 giu- gno 1911, ventenne, parte per Torino. Veste l’abito da suora e prende il nuovo nome di «Irene» nel 1912; conclusi i due anni noviziato nel gennaio 1914, si dedica poi alla preparazione per l’Africa e lo studio delle lingue. Il 28 dicembre parte per il Kenya e il 31 gennaio 1915 arriva a Mombasa, dove, salutando la sua nuova terra, esclama «Tokumye Yesu Kristo!», ovvero «Sia lodato Gesù Cristo!», l’unica frase, per il momento, che conosce in lingua kikuyu. A ppena il tempo di inserirsi e di imparare la lingua locale ed è inviata con altri missionari e missio- narie negli ospedali militari dove si curano i carriers , i portatori a servizio dell’armata inglese in guerra con i tedeschi che controllano il Tanganika. Prima a Voi, in Kenya, e poi a Kilwa Kivinje, Lindi e Dar-es-Salaam in Tanzania, per quattro anni (1915-1919) Irene si spende come crocerossina (in- sieme a quarantacinque altri missionari e missionarie della Consolata e Vincenzine del Cottolengo) in quelle anticamere della morte dove venivano curati migliaia di giovani africani arruolati a forza. Nel 1920 la troviamo a Gekondi (pron. Ghecondi ), nella regione centrale del Kenya, dove si butta nell’insegnamento nella scuola per ragazze e nella visita ai villaggi. Infaticabile e scattante, visita i malati, consola i morenti, recupera i bambini abbandonati, convince i genitori a lasciare che le loro figlie vadano a scuola, segue un gruppo di ragazze desiderose di consacrare la vita a Gesù, e tanto di più. La gente comincia a chiamarla «Nyaatha» (mamma misericordiosa). Nel settembre 1930, dopo l’annuale settimana di preghiera e ritiro a Nyeri, chiede alla sua supe- riora il permesso di offrire la sua vita per la missione. Nel frattempo a Gekondi scoppia la peste. Suor Irene ne è contagiata assistendo un ammalato. Muore il 31 ottobre 1930, a 39 anni. Sepolta prima nel cimitero dei missionari al Mathari, alla periferia di Nyeri, è stata poi posta in un’urna di marmo rossastro nella chiesa della parrocchia del Mathari stesso. Dopo la beatificazione sarà tra- sferita nella cattedrale di Nyeri, dedicata alla Consolata. ( Gi.A. )

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