Missioni Consolata - Maggio 2015

Shoshone, dei Blackfoot e dei Crow. In una sola e singola battaglia si dice siano morte 300 persone. Dettagli storici come questo vengono spesso omessi o imbellettati per preservare il fascino del parco. Tuttavia, tale modello di conservazione fon- dato sugli sfratti forzati è diventato consuetudine in tutto il mondo e la visione di Roosevelt continua a influenzare molte importanti organizzazioni con- servazioniste, con impatti devastanti non soltanto per i popoli indigeni, ma anche per la natura. In un’intervista rilasciata nel 2003, Mike Fay, un in- fluente ecologista della Wildlife Conservation So- ciety (www.wcs.org ), dichiarava: «Nel 1907, quando gli Stati Uniti si trovavano a un livello di sviluppo paragonabile a quello del bacino del fiume Congo oggi, il presidente Roosevelt istituì 230 milioni di acri di aree protette facendone un pilastro della sua [politica interna]... In pratica, il mio lavoro nel ba- cino del Congo è stato quello di cercare di ripro- durre il modello statunitense in Africa». E se qual- cuno fosse tentato di pensare che in questo pro- cesso non si siano ripetuti gli eccessi che hanno fla- gellato i popoli del Nord America, gli basterà una rapida scorsa alla storia recente di persecuzione delle tribù pigmee dell’Africa Centrale per cam- biare idea. A mero titolo d’esempio, tra gli anni ’60 e ’80 le autorità congolesi hanno espulso almeno 6mila Batwa dal «Kahuzi-Biega National Park». Un rapporto suggerisce che la metà di queste persone sia morta in seguito agli sfratti, mentre i sopravvis- suti versano in cattive condizioni di salute ( A. K. Barume, Heading Towards Extinction?, 2000 ). Dall’Asia all’Africa, l’altra faccia delle aree protette Nel mondo esistono oggi oltre 120.000 aree pro- tette, pari al 13% della terra emersa. Anche se è im- possibile fare stime precise, le persone che sono state sfrattate dalle loro case nel nome della con- servazione, o che vivono sotto la minaccia incom- bente di sfratto, sono molti milioni. La maggior parte sono popoli tribali. Le aree protette si differenziano per il grado di re- strizioni a cui sono soggette ma, spesso, chi di- pende dalle risorse dei parchi si vede ridurre dra- sticamente ogni attività. I popoli tribali devono cambiare stile di vita e/o trasferirsi altrove, il le- game con i territori e i mezzi di sostentamento viene reciso, e le possibilità di scelta che vengono lasciate loro sono spesso nulle, o quasi. Un caso esemplare è quello dei Wanniyala-Aetto dello Sri Lanka, conosciuti anche con il nome di Vedda. Nel 1983, i Wanniyala-Aetto, o «popolo della foresta», furono sfrattati dalla loro patria che oggi prende il nome di Maduru Oya National Park. La tribù aveva già subito ingenti perdite di terra a causa di dighe, coloni e deforestazione: il Maduru Oya era il loro ultimo rifugio. Una volta estromessi dalla foresta dovettero cambiare tutto, dal modo di vestirsi a quello di vivere, e furono costretti a con- formarsi alla società dominante, mentre i loro vi- cini e le autorità li trattavano come «demoni» e «primitivi». La loro autosufficienza, legata alle fore- ste, è andata perduta e oggi stentano a sopravvi- vere alla povertà e a tutti i problemi ad essa con- nessi. Poche comunità sono disposte a rinunciare volon- tariamente a tutto il loro mondo per far spazio ai parchi. Ma quando resistono, le conseguenze sono gravi. Ovunque, i popoli indigeni denunciano pe- staggi, arresti arbitrari, persecuzioni e persino tor- ture. Nelle terre dei Baka del Camerun sudorientale sono state istituite alcune aree protette - compren- denti sia parchi nazionali sia riserve di caccia spor- tiva - senza il loro consenso. Le eco-guardie, in parte finanziate dal «Fondo mondiale per la na- tura» (Wwf) e dal governo tedesco, non permet- tono ai Baka di praticare la caccia e la raccolta nelle foreste che un tempo erano la loro casa, o ad- dirittura di entrarvi. Le eco-guardie, talvolta accompagnate da perso- nale militare, minacciano, arrestano e picchiano uomini, donne e addirittura i bambini baka accu- sandoli di bracconaggio. Interi villaggi sono stati rasi al suolo e molte persone baka sono state tortu- rate. Secondo varie testimonianze, anche fino a mo- rirne. Nel maggio 2013, la Commissione nazionale del Ca- merun per i diritti umani e la Fusion-Nature hanno denunciato un raid anti-bracconaggio durante il quale sono stati torturati dieci Baka, uomini e donne. Mancando strumenti concreti a difesa dei Baka, nella maggior parte dei casi le eco-guardie possono agire impunemente. Oltre ad avere l’effetto di alienarsi le popolazioni lo- cali, questa gestione militarizzata dei programmi di MAGGIO 2015 MC 47 DOSSIER MC BIODIVERSITÀ

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