Missioni Consolata - Ottobre 2014

62 MC OTTOBRE 2014 TANZANIA/UGANDA Creato. Ogni passo mostra la bel- lezza dei vari habitat del Kiliman- giaro: dalla foresta tropicale alla brughiera, sino a giungere al de- serto alpino (3.950-5.000 metri) e infine alla zona artica (5.000-5.895 metri). Quando il gruppo giunge sulla vetta lo spettacolo del pae- saggio tra cielo e terra è indescrivi- bile: è come se sulla cima le lotte e i problemi dell’umanità venissero trasfigurati nell’incanto della na- tura. Ma è una natura fragile. Quando il cameraman inquadra il ghiacciaio si vede solo ben poca cosa rispetto a quello che doveva essere in passato: nel 1880 l’area copriva una superficie di 20 km², mentre nel 2003 la calotta rive- stiva neanche 3 km². Come l’a- scesa alla vetta comporta sacrifici, impegno e dedizione, così la salva- guardia del Kilimangiaro esige una forte responsabilità da parte di tutti per contrastare il riscalda- mento globale, affinché le future generazioni possano ancora am- mirare i ghiacciai della cima più alta del continente africano. La vetta a 5.895 metri sopra il livello del mare è chiamata Uhuru , una parola swahili che vuol dire «li- bertà»: un significato altamente simbolico. Questa parola, uhuru , ricorda non soltanto l’indipen- denza del Tanganica dalla Gran Bretagna, ma anche quell’impresa storica compiuta il 9 dicembre 1961 da Alex Nyirenda, che ha portato proprio in cima al Kiliman- giaro la fiaccola denominata Uhuru , simbolo di speranza. È qui, sulla «cima della libertà» che Ma- daraka e Jaffar hanno suggellato la loro amicizia in un abbraccio. Un messaggio forte che sarà accolto e recepito da chi vuole costruire un futuro migliore, basato sulla coo- perazione e non più sul conflitto. Silvia C. Turrin N acque nel 1925 nell’area di Koboko, nel West Nile, distretto del Nord Est dell’Uganda, in una piccola comunità musulmana, chiamata Kakwa. La data esatta della nascita non è reperibile da fonti storiche at- tendibili, come pure sono incerte le notizie riguardanti l’educazione. Sicuro è invece il suo arruolamento nelle forze coloniali britanniche ( King’s African Rifles ) nel 1946. Idi Amin s’impose per la notevole corporatura: alto più di un metro e novanta, pesava oltre novanta chili (non a caso, dal 1951 al 1960 fu campione ugandese dei pesi massimi di boxe). Come soldato servì l’Impero britannico in Birmania, in Somalia e in Kenya. Fu qui, durante la rivolta del movimento dei Mau Mau sop- pressa con un bagno di sangue dagli inglesi, che Idi Amin si distinse per la sua crudeltà. N el 1962, venne mandato dai britannici a con- tenere gli scontri tra Turkana e Kara- mojong, riuscendo nell’o- perazione. In seguito, nella zona venne sco- perta una fossa comune dove furono rinvenuti Turkana picchiati a morte o se- polti vivi. Nel frattempo, l’Uganda stava av- viando il processo di indipendenza, avvenuta nel 1962, rimanendo nell'ambito del Commonwealth. Primo capo di governo fu Apollo Milton Obote dell' Uganda People's Congress (Upc). Nel 1963 fu proclamata la Repubblica, ma l’Uganda cadde sotto il regime di tipo autoritario di Obote, che soppresse tutti i partiti d'opposizione. Con un colpo di stato, nel 1971, Idi Amin, diventato generale, depose Obote, avviando una dittatura ben più feroce di quella del predecessore. Secondo Amnesty Internatio- nal, sotto il suo regime spietato e sanguinario, dal 1971 al 1979, morirono oltre 300mila persone. N yerere - insieme a Kenneth Kaunda e Seretse Khama, rispettivamente presidenti di Zambia e Botswana, - fu uno dei pochissimi capi di stato africani a condannare gli abusi perpetrati da Amin, e fu l’unico, nel 1975, a parlare apertamente di «massacri, oppressione, torture». Amin, nel frattempo, cancellò le vecchie simpatie verso la Gran Bretagna ordinando la nazionalizzazione di molte aziende presenti in Uganda e gli oppositori al suo regime continuarono a essere uc- cisi. La guerra voluta dal generale Idi Amin contro la Tanzania gli si rivolse contro, costringendolo a scappare dall’Uganda. Il suo esilio durò sino alla morte. Silvia C. Turrin Idi Amin Dada

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