Missioni Consolata - Ottobre 2014

38 MC OTTOBRE 2014 come centinaia di migliaia di suoi coetanei, venga travolto dai furori della prima Guerra mondiale. L’incontro casuale con Elzéard lo libera da una brutta situazione: si è perso durante una passeg- giata sui monti della Provenza, il caldo lo divora e la sete si fa sentire. L’unico villaggio che incontra è disabitato. Il pastore lo invita a casa sua e lì ri- vela al ragazzo il suo segreto, che la sua vita soli- taria non gli aveva mai fatto rivelare ad alcuno. Nella giornata successiva il ragazzo segue Elzéard per i cammini che lo portano sui fianchi della mon- tagna, scoprendo che il pastore pianta ogni giorno delle ghiande nel terreno, con il solo scopo di mi- gliorare il luogo desolato in cui vive, facendovi cre- scere una foresta, un albero alla volta. Da quando si è ritirato in montagna, tre anni prima, è stato capace di interrare cento ghiande al giorno, per un totale di 100 mila ghiande, da cui si aspetta che na- sceranno almeno 10 mila querce. Dopo questo incontro, la guerra segna una pausa nella relazione fra i due. È soltanto una decina di anni dopo, quindi, che il narratore ritorna sui luo- ghi in cui si era perduto e aveva incontrato il pa- store. La sorpresa è grande vedendo il cambia- mento del paesaggio, trasformato ora in un auten- tico giardino. Gli alberi sono ormai alti, e di diverso tipo. L’acqua è tornata nei ruscelli. Undici chilome- tri di foresta non bastano a frenare l’impeto di El- zéard Bouffier, che continua con zelo a piantare i suoi alberi. Un ambiente «amico» Giono racconta con gusto la fase della trasforma- zione, insistendo su come la vita della popolazione riesca a cambiare grazie a un ambiente che è di- ventato nuovamente «amico». Migliorano i rap- porti e le relazioni; persino l’antico villaggio dis- abitato riprende vita, riempiendosi di suoni, colori e allegria. Il tutto grazie alla perseveranza di un uomo che pianta cento ghiande al giorno, mentre porta al pascolo le bestie, tutti i giorni della sua vita. Elzéard Bouffier muore tranquillo, sereno, nessuno si accorge, tranne chi lo ha incontrato nel suo hobby quotidiano, di quella mano fedele e pre- cisa che getta il seme nel solco, giorno dopo giorno, senza esagerare, ma con grande costanza. È così che, cambiando l’ambiente, cambia la sto- ria. Il racconto di Giono sarebbe, penso, piaciuto al beato Allamano. Ci sono elementi che potreb- bero installarsi alla radice della sua spiritualità: il bene fatto bene e senza rumore, nel silenzio di una quotidianità spesa nel lavoro - altro tema caro al nostro fondatore - costante e perseverante, in al- tre parole, zelante, come lui stesso avrebbe detto. Il protagonista della storia cambia l’ambiente per cambiare gli uomini, esattamente come l’Alla- mano voleva che i suoi missionari facessero nel momento in cui si presentavano all’incontro con l’altro. Certamente, il racconto di Giono è una bella meta- fora del rapporto dell’uomo con la natura ed evi- © Gigi Anataloni

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