Missioni Consolata - Ottobre 2014

DOSSIER MC ECO&MISSIO «T roverai più nei boschi che nei libri» scriveva un padre della Chiesa. I no- stri anziani, testimoni di una cultura contadina ancora capace di pene- trare la città con i suoi prodotti, i suoi profumi, la sua offerta di genuinità, sarebbero stati d’accordo. A volte sorrido, e mi piace ricordare questi vecchi, soprattutto quando, incontrando altre tradizioni e culture, ci si imbatte nel sapere antico di chi è vis- suto a lungo ed è «vissuto per raccontarle» (per parafrasare Gabriel Garcia Marquez) e per questo motivo godevano del rispetto dei più giovani. Min el biund era uno di questi vecchi, semplici, senza scuola, ma ricco del sapere di chi, nelle valli di montagna che circondano Torino, sapeva so- pravvivere nella natura, perché ne conosceva i se- gni, i colori, gli umori. Mi piaceva ascoltare il suo patois , il dialetto della valle, una di quelle lingue ormai in via di estinzione, in cui una parola si pro- nunciava con un accento diverso se si era al di qua o al di là del fiume. Con le lingue si sono estinti an- che donne e uomini dalla scorza dura, temprata dal lavoro nei campi, nei cantieri o negli alpeggi, insieme a mucche dal collo ciondolante capace di far suonare pesanti «cioche», le campane, ele- mento fondamentale del concerto alpestre in cui si ode il fragore del torrente, il fischiare del vento, il canto degli uccelli. Le cioche delle mucche stanno scomparendo, come quelle delle chiese, perché il nostro mondo di plastica ne vuole decre- tare la fine. Quando arriverà l’ultima ora? È difficile dirlo, e già questa affermazione è un bel segno di spe- ranza che rivela in sé la contraddizione portata in seno da questo nostro continente, capace di dare pugni sul volto della natura, tali da sfregiarla in maniera indelebile e, allo stesso tempo, conser- vare una nostalgia per il volto bello, limpido, ac- OTTOBRE 2014 MC 37 qua e sapone, nel quale ci si beava prima di asse- stare il colpo. Provo a spiegare questo paradosso aiutandomi con la figura di un altro vecchio. Questa volta di fantasia. Sì perché Min el biund è veramente esi- stito: l’ho conosciuto, mi ha raccontato le sue sto- rie, seduti su una panca di legno che lui stesso aveva costruito, avvolti entrambi dalla nuvola del suo tabacco. Il vecchio a cui voglio ora fare riferi- mento è un personaggio letterario, protagonista di un piccolo libro da comodino, di quelli che, come «Il piccolo Principe», dovrebbero essere a portata di mano di chiunque. Una storia di vita Il libro si intitola «L’uomo che piantava gli alberi», ed è stato pubblicato nel 1953 dallo scrittore fran- cese, abitante in Provenza ma di origine piemon- tese, Jean Giono. È un racconto allegorico, una piccola parabola dei tempi moderni, laica, ma chi la legge con gli occhi della fede può ritrovarvi la familiarità degli argomenti e uno spirito che su- scita emozioni già provate. Il narratore racconta la storia del suo incontro con Elzéard Bouffier, un pastore che vive in un arido paese della campagna provenzale, curando un piccolo gregge formato da una trentina di pe- core. Al momento in cui il destino dei due prota- gonisti si incrocia, Elzéard ha poco più di cinquan- t’anni, con alle spalle una vita vissuta in modo or- dinario e apparentemente conclusa (l’unico figlio e la moglie erano già morti). Eppure, come una gemma nascosta nel cuore della pietra, que- st’uomo ha qualcosa di straordinario da raccon- tare. Il protagonista è poco più di un ragazzo quando si imbatte in lui. Il secolo ventesimo ha appena scavallato il primo decennio e dovranno passare soltanto pochi anni perché anche lui, IL MOVIMENTO ECOLOGISTA IN EUROPA IL SEMINATORE DI GHIANDE DI U GO P OZZOLI Un piccolo racconto denso di significato. Come fare con semplici azioni quotidiane a realizzare l’impossibile. A modificare l’ambiente rendendolo di nuovo «amico». E migliorando così la vita della gente. Metafora del rapporto tra l’uomo e la natura nella quale si trovano elementi della spiritualità del Beato Allamano.

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