Missioni Consolata - Ottobre 2013

Purtroppo questa carogna di una malattia ti ha portato via troppo presto, dandoti appena il tempo di finire il tuo ultimo «Dossier» per Missioni Consolata , proprio sull’evangelizzazione della Chiesa in Mongolia. Stamattina abbiamo pregato per te con p. Giorgio, sr. Lucia e Sr. Gertrude, i tre missionari che la- vorano ad Arvaiheer, immersi in mezzo alla steppa mongola, a poca distanza dall’inizio del grande deserto del Gobi. Ti ab- biamo ricordato nella Messa, proprio all’ora in cui mettevi l’ul- timo bollo sul tuo passaporto, quello per il Paradiso. Ciao Benedetto, ti saluto di qui, da lontano. Non ci potrò essere al tuo funerale, ma so che da lassù mi capirai e non te ne avrai a male. Mi manca pure un bic- chiere di quello buono con cui farti un brindisi, come i tanti condivisi dopo le vittorie (e anche le sconfitte) della nostra amata Juventus.Ti dico grazie con tutto il cuore per averti conosciuto e per avermi fatto conoscere quel- l’anima buona e sensibile che tendevi a nascondere dietro a una scorza da orso marsicano. Ti dico grazie per avermi insegnato il mestiere di giornalista missiona- rio e averlo fatto con quello spi- rito socratico che tende a fare emergere e valorizzare quelle co- noscenze che, inconsapevol- mente, l’altra persona già pos- siede. Sei sempre stato quello che di noi scriveva meglio di tutti, con quell’italiano pulito, ricco e semplice allo stesso tempo, un vero maestro di quella che in gergo noi chiamiamo «cucina re- dazionale», ovvero, colui che fa il «lavoro sporco» di sistemare gli articoli altrui per renderli belli e presentabili. L’hai fatto sovente anche con me. Le ultime medita- zioni spirituali che hai condiviso con il sottoscritto erano sul Libro dell’Apocalisse, che racconta una fine che non è la fine; ti mando allora idealmente una cartolina da questo paese dove sembra che all’orizzonte la terra si attacchi al cielo in una linea perfetta, come se fosse un’anticipazione dei cieli nuovi e della terra nuova che tro- verai al tuo arrivo. Fai un buon ri- torno a casa, Ugo da Arvaiheer (Mongolia), 3 luglio 2013 C arissimo «capo mio», ri- cordi? Ti ho sempre chia- mato così: «Capo mio». E tu mi rispondevi con le stesse pa- role. Io ero «capo», perché direttore della rivista, però riconoscevo in te una autorevolezza culturale e missionaria indiscutibile. Un’au- torevolezza anche linguistica, giacché eri laureato in Lettere classiche alla Cattolica di Mi- lano. Davvero «capo mio». Entrasti nella redazione di «Mis- sioni Consolata» nel 1987, dopo che l’anno precedente ci era- vamo incontrati in Sudafrica, dove tu operavi e... mi cucinasti persino una gustosa spaghettata ai funghi da te raccolti. Di tanto in tanto rievocavi le pa- role che ti dissi alla stazione di Porta Nuova a Torino, quando venni a prelevarti per entrare nella redazione della rivista, e cioè: «Se anche tu te ne andrai dalla redazione, ce ne andremo in due: tu ed io!». Invece lavo- rammo insieme per 15 anni, senza alcun screzio. Eppure era- vamo molto diversi: tu, roccioso, metodico, anche burbero; io, più morbido, talvolta improvvisatore, poco amante delle regole. 10 MC OTTOBRE 2013 ITALIA # In basso a destra: sul lago d’Iseo nel 1966 p. Benedetto rema sulla barca piena di seminaristi in gita dal Seminario minore di Bevera di Castello Brianza. A destra e qui sotto: in Sudafrica, durante un battesimo e con bambini a Damesfon- tein dove è stato di- rettore del Centro Pa- storale per la forma- zione dei laici. © AFMC/Benedetto Bellesi «CAPO MI O» di Francesco Bernardi

RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=