Missioni Consolata - Aprile 2013

tartari, capaci di brucare l’erba anche sotto la neve, i due religiosi raggiunsero gli avamposti dei Mongoli sul Volga, dove tradussero in persiano le lettere pa- pali destinate al Gran Khan. Dopo aver percorso migliaia di chilometri attraverso le sterminate steppe centro-asiatiche, « equitando quanti equi poterant ire trotando... de mane usque ad noctem, immo de notte saepissime » (stando a ca- vallo quanto i cavalli potevano andare al trotto... da mattina a sera e spesso anche di notte), come rac- conta nella sua Historia Mongalorum , cibandosi per lo più di miglio con acqua e sale, dopo aver interlo- quito, di tappa in tappa, con i principali signori mon- goli incontrati nel cammino, il 22 luglio 1246, dopo 15 mesi di viaggio, i due francescani arrivarono all’ac- campamento di Guyuk Khan, nipote di Gengis Khan, non lontano dalla città di Karakorum, proprio men- tre fervevano i preparativi per l’incoronazione uffi- ciale del nuovo sovrano. Dopo quattro mesi di attesa, fra’ Giovanni fu final- mente ammesso alla presenza del Gran Khan e poté consegnare il messaggio papale, che invitava l’impe- ratore mongolo alla pace e alla conversione al cristia- nesimo. L’accoglienza fu gentile; ma il missionario fu rimandato con un messaggio inequivocabile: «Voi tutti, papa e imperatore, re e governanti, affrettatevi a venire di persona e sentirete le nostre proposte di pace. Quanto a convertirci, non ne vediamo la ra- gione... Voi abitanti dell’Occidente credete di essere i soli a essere nella fede e disprezzate gli altri; ma in che modo sapete a chi Dio si degnerà di conferire la sua grazia?». A fra’ Giovanni non restava che ripren- dere a ritroso il percorso fatto all’andata; tra infiniti stenti raggiunse Kiev e da lì Lione, nel novembre del 1247. L’anno seguente fu nominato arcivescovo di An- tivari, in Montenegro, dove morì nel 1252. ALTRE LEGAZIONI PAPALI E REALI Nonostante la mancata conversione dei Mongoli, l’e- sperienza di fra’ Giovanni da Pian del Carpine ebbe una portata storica impareggiabile: osservatore pri- vilegiato e testimone effettivo del popolo mongolo, egli fu il primo a farlo conoscere all’Occidente, con la sua « Historia Mongalorum quos nos Tartaros appel- lamus » in cui racconta il suo viaggio e soprattutto il mondo culturale e religioso della società mongola, la sua storia, virtù e difetti, loro tecniche militari e per- fino l’aspetto fisico ( vedi riquadro ). Nell’impero mongolo vigeva una certa tolleranza verso tutte le religioni, benché i Mongoli seguissero prevalentemente credenze sciamaniche. Anche la ri- sposta del gran khan Guyuk alla missiva del Papa, tutto sommato, aveva più sapore di orgoglio e indiffe- renza che di ostilità. Lo stesso fra’ Giovanni aveva as- sistito alla celebrazione degli uffizi divini dei nesto- riani in una cappella che sorgeva proprio di fronte alla tenda del Gran Khan; due ministri dell’impero mongolo erano cristiani nestoriani. Altri missionari furono inviati con lettere del Papa e di Luigi re di Francia. Uno di essi fu il domenicano francese Andrea da Longjumeau: prima fu mandato da Innocenzo IV a evangelizzare i tartari del khanato di Persia (1245-47), poi, nel 1249, Luigi IX lo inviò al gran khan Guyuk per chiedere protezione verso i cri- stiani dell’impero mongolo e la sua alleanza nella cro- ciata per la liberazione dei luoghi santi. Andrea ar- rivò a Karakorum che il Gran Khan era morto da mesi; offrì alla sua vedova, la reggente Oghul Qai- mish, doni preziosi, tra cui una reliquia della Santa Croce, che accettò volentieri come segno di sottomis- sione e consegnò al frate una lettera per Luigi IX, in cui invitava il re di Francia a considerarsi suo vas- sallo e pagare un tributo annuo ai Mongoli. Rispetto 38 MC APRILE 2013 OSSIER © LPTL/Wikimedia Commons

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