Missioni Consolata - Novembre 2012

MISSIONARIO POLIGLOTTA Mentre dice ciò, sorrido, ripen- sando alla celebrazione del 20 giugno, in cui insieme alla comu- nità di Seoul, abbiamo celebrato la festa della Consolata. Padre Tamrat ha predicato in coreano senza l’ombra di un appunto da- vanti agli occhi, interagendo con la gente a cui stava raccontando la storia della sua vocazione. Le persone annuivano, scuotevano la testa, a volte sorridevano, dando segno che stavano com- prendendo molto bene quanto il missionario cercava di comuni- care loro. Intanto mi fa accomodare sul di- vano della piccola casa di Tong- du-cheon dove sono andato a tro- varlo, squilla il telefono e, sor- presa delle sorprese, Tamrat ini- zia a parlare con il suo interlocu- tore in spagnolo. Appena termina la comunicazione non posso non chiedergli qualcosa al riguardo, a costo di lasciargli capire che ho ascoltato parte della conversa- zione. Fammi capire: hai fatto i tuoi primi anni di studi in Etiopia, l’anno di noviziato in Kenya, la teologia in Inghilterra e poi sei stato subito destinato qui in Co- rea... cosa c’entra lo spagnolo, e come hai fatto a impararlo così in fretta e bene? «Bene, non proprio. Mi aggiusto un po’. Ho orecchio per appren- dere e riprodurre i suoni. Anche l’italiano l’ho imparato così, tra- scorrendo qualche mese in Italia e, anche qui in Corea, ascoltando molto i confratelli. Prima a Tong- du-cheon vivevo con due confra- telli colombiani, il padre Juan Pa- blo De los Ríos e il padre Jair Idrobo ed erano loro ad accompa- gnare una comunità di migranti sudamericani di lingua spagnola che risiede nella nostra diocesi. Oggi, però, bisogna fare di neces- sità virtù: padre Juan Pablo e pa- dre Jair sono tornati in Colombia, il padre Alvaro, portoghese, che vive con me, lo parla bene, men- tre il diacono Giuseppino e io lo stiamo studiando. Personal- mente, sto cercando di impararlo bene per offrire un miglior servi- zio alle persone con cui lavoro». CHIESA COREANA E MIGRANTI La Corea del Sud, per l’inarre- stabile sviluppo economico vis- suto dal dopoguerra a oggi, rap- presenta una destinazione appe- tibile per chi cerca lavoro, nono- stante una densità di popola- zione locale molto alta, che la- scia invece spazi occupazionali per la manodopera straniera. Qui arrivano non soltanto da altri paesi asiatici, ma anche, seppur in numero minore, da Africa e Sudamerica, in modo particolare dalla Nigeria e dal Perù. «L’ar- rivo massiccio di immigrati stra- nieri - spiega padre Tamrat - ha causato un problema non indif- ferente anche alla chiesa co- reana, che si trova a fronteggiare l’arrivo di molte persone, che pongono alle diocesi una grande sfida, tanto sul lato caritativo, quanto su quello pastorale. Molti migranti sono cattolici, soprat- tutto coloro che provengono dalle Filippine, dal Vietnam, dalla Nigeria e, appunto, dai paesi sudamericani. Il primo po- sto dove accorrono per avere as- sistenza è la chiesa». COREA DEL SUD 10 MC NOVEMBRE 2012 # In alto: padre Alvaro Pacheco, responsabile della rivista «Consolata» in coreano. # A sinistra: padre Tamrat Defar durante l’omelia per la festa della Consolata. # A destra: padre Tamrat Defar con la comunità di immigrati filippini. # Uno scorcio di Uijeongbu, periferia di Seoul, non lontano dal confine tra Sud e Nord Corea

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