Missioni Consolata - Luglio 2012

sto sociale è molto povero e tutti i bambini hanno bisogno di aiuto. Ma dal punto di vista delle pub- bliche relazioni è più difficile da spiegare, perché molti benefat- tori preferiscono adozioni indivi- duali. Oltre a queste difficoltà ci saranno anche tante soddi- sfazioni... Certo, assolutamente. A volte qualcuno chiama e dice: «Sai, stavo male, ero proprio abbat- tuto, ma poi è arrivata la lettera del bambino che ho adottato e mi sono sentito meglio». Oppure quando un missionario passa a visitarmi in ufficio e mi racconta di questo e di quello e di come sono aiutati i bambini e dei loro progressi. Entusiasma anche me a continuare il questo servizio. Ci sono state disdette di ado- zioni a causa della crisi eco- nomica? Sembra incredibile, ma abbiamo avuto solo due disdette in due anni... praticamente niente. Anzi, «male parole» perché ha fatto la donazione e non ha saputo più niente… Ma noi non avevamo proprio idea di come fare a man- dare una ricevuta o una lettera di conferma. C’è chi vorrebbe noti- zie più regolari dell’adottato, ma il missionario non scrive molto, non manda foto o lettere. Allora è difficile spiegare che bisogna aver pazienza, che probabil- mente quel missionario è preso da tanti impegni, che ci sono og- gettive difficoltà di comunica- zione, che ci sono missionari che scrivono solo a Natale e rara- mente a Pasqua, ma che comun- que si prendono cura dei bam- bini, li seguono a scuola e fanno tutto il necessario. Spesso mi ca- pita di dover fare l’avvocato di- fensore dei missionari. Ti assi- curo che alcuni dei missionari fanno perdere la pazienza anche a me. So bene che tutto quello che ricevono va per i loro benefi- cati, ma se scrivessero qualche volta di più, faciliterebbero certa- mente il mio servizio. Trovo anche difficile far capire ai donatori la scelta di alcuni mis- sionari di «adottare» una scuola invece che singoli individui. È una scelta che viene fatta da alcuni soprattutto quando tutto il conte- stanno perfino arrivando nuove adozioni. Pensa che ci sono per- sone che pur avendo perso il la- voro continuano a sostenere il bambino, magari sacrificando al- tre spese. Che consiglio daresti a qual- cuno che vuole fare un’ado- zione a distanza? Consiglierei di vivere l’adozione come un’esperienza in cui si im- para a aprire gli occhi sul mondo, senza voler nulla in cambio, di vedere il sostegno a distanza non come carità ma come uno scam- bio in cui si ha l’occasione di co- noscere, oltreché di aiutare, un’altra persona e il luogo dove vive. Penso che il tutto possa es- sere riassunto davvero in questa frase: «Colora di speranza la vita di un bambino»! Chiara Giovetti 78 MC LUGLIO 2012 www.missioniconsolataonlus.it Cooperando…

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