Missioni Consolata - Luglio 2012

nell’Est del Kenya e che lo con- tattano con i loro cellulari cari- cati a energia solare, inseguendo pascoli e network , spesso sa- lendo su alture o inerpicandosi su tralicci. Mentre chiacchieriamo davanti a un chai masala , riceve un sms : altri fratelli emigrati in Canada gli fanno sapere di avergli spe- dito dei soldi via Internet su Daabshil , uno dei più popolari si- stemi bancari islamici della So- malia. Con quei fondi potrà par- tire per il Sud Sudan, dove conta di avviare un business . «Questo è tutto quello di cui ho bisogno, dice sollevando il suo cellulare. Qui ci sono tutti i miei contatti. E con questo posso ricevere i soldi che mi servono». «ARMI» MODERNE Il Nokia 1100 che stringe in pu- gno è una delle armi di questa rivoluzione, la più diffusa, e non a caso «Foreign Policy » l’ha defi- nito l’AK 47 (Kalashnikov) della telefonia mobile: lo possiedono 250 milioni di persone, soprat- tutto nel Sud del mondo, per i quali non importa che, nel Nord, sia ormai considerato un pezzo di modernariato. È affidabile, economico, facile da usare. In generale, quattro cellu- lari su cinque presenti nel mondo oggi si trovano nei paesi poveri. Più o meno sofisticati, generalmente a basso costo: se- condo i calcoli del guru della tecnologia Nathan Eagle, chiun- que guadagni almeno cinque dollari al giorno può permettersi un cellulare. Per molte famiglie è un investi- mento. Lo si usa per indirizzare i propri prodotti verso mercati più redditizi, per ottenere informa- zioni spesso cruciali per soprav- vivere, per inviare rimesse a casa. Ciò aiuta a spiegare il suc- cesso della telefonia mobile in Somalia, come racconta la gior- nalista della Bbc Mary Harper nel suo ultimo libro «Getting So- malia Wrong»: il paese, per quanto privo di un vero governo da vent’anni, ha la rete di telefo- nia mobile più economica del mondo. Un’autostrada impalpa- bile che fa da contraltare alle di- sastrate infrastrutture e che, se- condo Hassan, dipendente so- malo di una Ong con sede a Nai- robi, sta trasformando la Soma- lia nel primo paese a moneta virtuale al mondo. «Grazie a Zaad – un’altra piattaforma di mobile banking lanciata dalla Salaam Somali Bank – posso pagare taxi e caffè con il mio cel- lulare trasferendo i soldi sui nu- meri di conto esposti dagli eser- cizi commerciali». Le transazioni hanno un costo, che però viene annoverato nella lista delle spese per la sicu- rezza: non si circola con denaro in tasca e, in caso di furto del cellulare, il denaro rimane nella «nuvola» (vedi glossario). Nel Sud della Somalia i miliziani di Al Shabaab hanno vietato i servizi di mobile banking , uffi- cialmente perché non islamici. Ma Hassan ha un’altra spiega- zione: «Nella “nuvola” ci finivano anche i loro stipendi. E quando si sono accorti che il sistema era troppo vulnerabile hanno deciso di vietarlo». NUOVI LINGUAGGI Sull’onda della vertiginosa diffu- sione di cellulari in Africa, un nuovo acronimo si è aggiunto alla lunga galleria di sigle che accompagnano la storia del con- tinente dall’indipendenza ad oggi: ICT4D, ovvero Information and communication technolo- gies for development . La febbre della tecnologia digitale per lo sviluppo ha contagiato istituzioni internazionali come la Banca Mondiale, multinazionali della cooperazione come Oxfam, agenzie nazionali dello sviluppo, soprattutto nel Nord Europa, e corporation tecnologiche, come Vodafone e Microsoft: espres- sioni come mobile health (che ri- guarda progetti sanitari imper- niati sull’uso del cellulare) o crowdsourcing (un sistema di raccolta d’informazioni basato su piattaforme digitali) sono di- ventate le nuove parole chiave per accedere a finanziamenti e a fondi di ricerca. Un approccio che sfuma come non mai i confini tra profit e no- profit . Per rendersene conto, ba- sta visitare il cuore della Silycon Valley africana, sempre a Nai- robi, ma su Ngong Road, costel- lata di enclavi di espatriati vecchi e nuovi, anglosassoni e cinesi, centri commerciali e culturali. In un ampio e luminoso open space all’ultimo piano di un edificio di vetro si trova iHub , il business incubator più famoso dell’intera Africa. Qui giovani keniani sma- nettano su laptop o discutono at- torno a un grafico su un monitor di idee da trasformare in apps per cellulare o in piattaforme per il web . Eric Hersman, ameri- cano trapiantato in Kenya e ani- matore di vari blog tra cui White African («Dove le ICT incontrano l’Africa») l’ha fondato da appena due anni ma, racconta, il seme è stato piantato nel 2007, e non in Kenya. 68 MC LUGLIO 2012 AFRICA # Pagina precedente : un ribelle islamico con il cellulare comu- nica la posizione del fronte dal mercato di Bakara a Mogadiscio, Somalia. # A fianco : uso del cellulare per foto e filmati durante i disordini ad Abidjan, Costa d’Avorio, feb- braio 2011. # Pagina a fianco : venditore di te- lefoni cellulari a Lagos, Nigeria. © Issouf Sanogo / AFP

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