Missioni Consolata - Luglio 2012

OSSIER duali e domestiche che possono essere valorizzate nella pastorale. Tra le espressioni individuali si pos- sono ricordare: farsi il segno della croce toccando la terra con una mano prima di uscire di casa; l’uso ab- bondante dell’acqua benedetta come terapia e ele- mento base per medicine casalinghe contro dolori e malattie varie; recita di speciali formule di preghiera in circostanze determinate; croci piantate sotto casa, specie se è edificata su palafitte e terreni paludosi, o davanti alla porta di ingresso, per scansare calamità reali o supposte, casi di malocchio ecc. Le espressioni domestiche consistono in altarini, po- sti in nicchie o appoggiati alle pareti, ricoperti di im- magini di santi e madonne, crocifissi e statuette, da- vanti cui si accendono lumini e si recitano diverse preghiere. In tutte le espressioni religiose svolge un ruolo im- portante il canto accompagnato dai tamburi. I canti, come pure le ninne nanne e le poesie, costituiscono un ricco patrimonio culturale degli afroamericani e sono la quintessenza della loro religiosità. Tutto ciò che è sacro è avvolto nel contempo da un alone di mistero. Ciò introduce l’afroamericano nel mondo del soprannaturale. «PARTECIPARE» O «NON PARTECIPARE» Bisogna ammettere che il messaggio evangelico non è ancora riuscito a impregnare adeguatamente il gruppo culturale di origine africana, che possiede ricchissimi valori e conserva «i semi del Verbo» in at- tesa della Parola di vita. Come per tutta la Chiesa, la religiosità popolare afroamericana ha bisogno di es- sere rievangelizzata, colmando le lacune lasciate dal- l’evangelizzazione precedente. Una di tale lacune è certamente il significato della domenica. Per l’afroamericano essa non rappresenta necessariamente il giorno dell’incontro religioso co- munitario. La domenica è semplicemente il giorno del riposo e dello sport. Probabilmente questo di- pende dal fatto che i primi missionari non approfon- dirono a sufficienza il significato religioso della do- menica. L’evangelizzazione sottolineò più il mistero della Croce che della Risurrezione. E, forse, l’impos- sibilità di celebrare la messa per tutti per mancanza di sacerdoti, li indusse a non insistere inutilmente sul precetto domenicale. Anche oggi, la messa non è considerata di fondamen- tale importanza presso gli afrocolombiani, forse per- ché è stata interpretata per troppo tempo come un atto di supplica, una preghiera efficace per comuni- care con il mondo dei morti. Non è un caso che l’al- tare della veglia funebre nella casa del defunto sia una copia dell’altare della chiesa. La difficoltà di capire i vari aspetti della messa ha provocato una reazione negativa nella gente. Ciò che per essa costituisce una seria difficoltà non è il mi- stero dell’eucaristia in quanto tale, bensì il fatto che questo, come altri misteri, venga celebrato in modo troppo freddo e formale, totalmente contrario alla sensibilità popolare. Comprendere o non comprendere non costituisce per gli afroamericani un problema essenziale. Il pro- Sopra a destra: padre Vincenzo Pellegrino, autore di questo articolo, con i bambini della comunità di Ararca, parrocchia di Pasacaballo. Qui sotto: padre Beppe Svanera celebra la santa messa con una comunità della parrocchia di Marialabaja. © AFMC/B Svanera

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