Missioni Consolata - Maggio 2012

zione. Questi eventi ebbero una forte ripercussione a Cuba e nei rapporti fra Chiesa cattolica e Rivoluzione. Nel 1991, nell’ambito del quarto Congresso del Partito comunista cubano e delle conseguenti riforme costituzionali dell’anno seguente, si affermò la disten- sione fra le Chiese cattolica e protestante e la Rivoluzione cu- bana. ANNO 1998: FIDEL CASTRO E GIOVANNI PAOLO II La visita di Giovanni Paolo II a Cuba nel 1998 fu un evento che in qualche modo chiuse questo periodo. Si attendeva come l’in- contro fra i due giganti: Fidel Ca- stro, leader indiscusso della Ri- voluzione cubana e Giovanni Paolo II, punta di lancia dell’anti- comunismo, i due superstiti del crollo del socialismo, della fine di un’epoca, quella del bipolari- smo e della guerra fredda. Que- st’incontro aveva gli occhi del mondo intero puntati addosso. Quattordici anni dopo, molte cose sono cambiate. Allora fu Fi- del Castro quello che raccolse più vantaggi dalla distensione delle relazioni con il mondo cat- tolico cubano. In quest’occasione saranno Raúl Castro, la Rivolu- zione cubana e in definitiva il po- polo cubano insieme alla chiesa cattolica, che trarranno vantaggi dal dialogo fra Chiesa e Rivolu- zione. CUBA Molti religiosi hanno lavorato in questa direzione, come il teologo e attivista brasiliano Frei Betto, che nell’aprile del 2005, alla fine del suo intervento speciale nel- l’Incontro intergenerazionale sulla teologia cubana, celebrato nella cattedrale episcopale della Santissima Trinità dell’Avana, af- fermava: «Essere Chiesa in un paese come il Brasile, come il Salvador o il Guatemala, è di- verso da essere Chiesa a Cuba. Perché in questi paesi il popolo non vede ancora garantito, né strutturato politicamente, il di- ritto alla vita. Sebbene in Brasile si siano fatti passi avanti con Lula, i nostri problemi sono così imponenti da non poter essere ri- solti in quattro anni; in questo paese [Cuba, ndr ], dopo più di quarant’anni, si è riusciti a ga- rantire la vita a tutti, ovvero, qui si condivide il pane. Questo non si- gnifica che le nostre chiese deb- bano sacralizzare il sistema poli- tico cubano. Piuttosto è fonda- mentale che le chiese si mettano al servizio del popolo cubano, perché la gente abbia la vita e la vita piena. Se la Rivoluzione va in questa direzione, la Rivoluzione va nella direzione di Gesù. La Ri- voluzione aiuta a costruire nella storia il Regno di Dio». José Carlos Bonino* renza di Medellín nel 1968. Que- st’apertura, in Cuba, si tradusse in una serie di cambiamenti nel- l’ottica della distensione, come la Carta pastoral del 1969, in cui l’episcopato marcava la propria distanza dal radicalismo contro- rivoluzionario annidato a Miami. Nei decenni successivi, i movi- menti di liberazione nel vicino Centroamerica ebbero una forte componente religiosa, soprat- tutto all’interno del Frente San- dinista de Liberación Nacional (Fsln) in Nicaragua, dove un sa- cerdote ed esponente della Teo- logia della liberazione, Ernesto Cardenal, durante il periodo ri- voluzionario nicaraguense (1979-1990) fu ministro della Cultura. Nel Salvador, durante gli anni Ottanta, ricordiamo l’as- sassinio di monseñor Arnulfo Romero e di un gruppo di gesuiti dell’Università centroamericana (Uca), che si erano spesi in di- fesa dei settori popolari e contro la repressione militare. O pen- siamo al Guatemala, all’assassi- nio di monseñor Juan Gerardi, insieme a quello di molti altri preti guerriglieri che diedero la loro vita, tutti impegnati nell’op- zione per gli impoveriti, che in quegli anni trovava spazio all’in- terno della Teologia della libera- # Sotto : la cattedrale Vergine Maria dell’Immacolata Concezione nella zona antica de L’Avana. * José Carlos Bonino, antropologo e scrittore, vive a Cuba. © Paolo Moiola

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