Missioni Consolata - Marzo 2012

milioni di tonnellate di CO 2 solo in Italia, come diretta conse- guenza dello spreco di circa 20 milioni di tonnellate di cibo. L’impatto ambientale generato dallo spreco del cibo si valuta considerando tre diversi para- metri: l’impronta del carbonio, l’impronta ecologica (ovvero la quantità di terra o di mare con- sumate nella produzione dei cibi) e l’impronta idrica (l’acqua con- sumata in tutti i processi della fi- liera agroalimentare). La prima non si riferisce unica- mente al processo di smalti- mento dei rifiuti alimentari, che genera anche metano, ma si ri- ferisce alla quantità di CO 2 gene- rata lungo tutti i processi e com- prende quindi anche le emissioni generate nella produzione dei pesticidi e dei fitofarmaci adope- rati, nelle trasformazioni indu- striali e nel trasporto. L’impronta ecologica si riferisce alla quantità di terreno o di mare biologicamente attivo, necessa- ria per produrre la quantità di cibo per ciascuno di noi, nonché la quantità per smaltire i rifiuti generati. Non è solo l’estensione della superficie del terreno uti- lizzato per soddisfare le nostre necessità, ma anche tutto quello che essa rappresenta in termini di biodiversità, stabilità clima- tica, fissazione dell’energia so- lare e conversione in materie prime. Sulla base dei consumi attuali, l’Italia ha un’impronta ecologica di 4,2 ettari pro-capite, ma la sua biocapacità è soltanto di un ettaro, quindi esiste un de- ficit ecologico di 3,2 ettari globali pro-capite (l’ettaro globale o gha è l’unità di misura dell’impronta ecologica). L’impronta idrica si riferisce al consumo delle risorse idriche lungo la filiera agroalimentare e tiene conto anche dell’acqua ne- cessaria per la produzione dei beni di consumo. In Italia lo smaltimento dei rifiuti alimen- tari genera un consumo d’acqua pari a 105 milioni di metri cubi all’anno. Se poi consideriamo la quantità d’acqua usata per l’a- gricoltura, quella relativa alla MADRE TERRA # Sotto e pagina precedente : tipica immagine delle nostre città con cassonetti rigurgitanti di cibo. quantità di cibo sprecato è di 5,3 miliardi di metri cubi all’anno, un quantitativo sufficiente a disse- tare tutti gli abitanti del Kenya per 270 anni. L’impatto economico dovuto allo spreco di cibo è rappresentato dal mancato guadagno che si sa- rebbe potuto realizzare, se quel cibo fosse stato venduto al prezzo di mercato. Come visto sopra, per l’Italia è di 12 miliardi di euro per 20 milioni di tonnel- late di cibo sprecate. Per impatto nutrizionale si in- tende la quantità di nutrienti le- gati agli alimenti che vanno persi con lo spreco del cibo. Basta pensare, ad esempio, che la quantità di arance perse ogni anno contengono vitamina C pari al fabbisogno annuale di 13 mi- lioni di persone, secondo quanto raccomandato dai Larn (Livelli di assunzione giornalieri racco- mandati di nutrienti per la popo- lazione italiana). La quantità di pomodori da tavola lasciati in campo in un anno contiene in- vece vitamina E sufficiente per il fabbisogno annuale di circa 6,5 milioni di persone. Rosanna Novara Topino

RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=