Missioni Consolata - Dicembre 2011

rità di risorse tra il vicariato di Nyeri e la prefettura del Meru, fu una delle questioni che più ama- reggiò i missionari ]. Mons. G. Balbo non si perse d’a- nimo. Le sette missioni della pre- fettura (nella divisione acquistò pure la missione di Kyeni iniziata nel 1923), nonostante la miseria, è la parola [giusta da usare] , in cui si trovavano, cominciarono una nuova vita di sviluppo. Per prima cosa importò macchine per un la- boratorio che avrebbe dovuto for- nire il materiale per la costru- zione di tutte le stazioni, i cui fab- bricati erano ancor quelli all’indi- gena dei primi tempi, le mobilia per le abitazioni e le scuole che qua e là cominciavano a fiorire. E tutte le missioni avvantaggiarono di questo laboratorio. 1928, TEMPI DURI Ma i tempi erano durissimi, e solo la tempra adamantina dei sette missionari, che formavano tutto il personale della prefettura di Meru, poté affrontare e superare quelle difficoltà che provenivano dall’interno del paese e dall’e- sterno. «Siete eroi», disse mons. Ar- thur Hinsley (poi Cardinale di MC MERU: CENT’ANNI... DICEMBRE 2011 MC 59 si farebbe per una persona; ed invero ci era troppo cara, ed ogni sua piccola parte era vitale anche per noi, perché costituiva, per la nostra futura segheria, il cuore pulsante. Il giorno dopo, i due Padri rimasero all’accampa- mento; io invece colla bicicletta, che avevo portato sui carri, partii alla volta del forte e poi verso la Missione di Maria Ausiliatrice (Tigania), per vedere se i ponti, che dicevano numerosi, erano resistenti; e nello stesso tempo cercare il punto della foresta adatta al nostro scopo. L’altro mio confratello, accompagnato dai neri del paese, doveva esplorare un’altra strada, o meglio dire sentiero indigeno, e veder se si sarebbe potuto passare colla macchina nella brughiera, nel caso che i ponti fossero stati troppo deboli. Dirvi quel che provai in quel viaggio, tutto solo in paese scono- sciuto, non è facile. La strada era aperta in una magnifica foresta di cedri e altissimi mogani, che guardavo con una voglia matta di farne tante vittime per la erigenda segheria, ma forse quel luogo era ancor troppo distante dal punto dove ci saremmo impiantati. Dopo un’ora e mezzo di magnifiche volate, rallentate qualche volta con trepidanza dove scorgevansi i segni evidenti del passaggio degli elefanti, arrivai dove la foresta, apren- dosi, lascia scorgere tutto il Meru. Che meraviglia! Là in basso, fra la verdura, erano le case del forte che, di- pinte in bianco e rosso, facevano un magnifico contra- sto col selvaggio panorama del paese. Il primo saluto, quando ancora mi trovavo lontano dall’abitato, lo ricevetti da una lunga processione di scimie rosse, dal muso di cane e che come questi ab- baiavano. Potete immaginarvi come rimasi, quando, venendo giù da una discesa a passo di volata, mi tro- vai di fronte a un centinaio di questi scimioni! Non, ebbi il tempo di levarmi il fucile da tracolla e sparare

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