Missioni Consolata - Dicembre 2011

46 MC DICEMBRE 2011 OSSIER GLI AGWE Con l’aiuto di P. Franco Soldati, da anni stabilito nella missione di Tuuru, l’antropologo Bernardo Bernardi riuscì a contattare i quattro Agwe della regione del Njombeni e ne scrisse in un libro intitolato « The Mogwe, a failing prophet », vita, autorità, pregi ecc.. Forse, esagerando un poco l’autorità di questo perso- naggio poteremmo accostarlo alle figure dei grandi sacerdoti del popolo d’Israele (magari addirittura a Melkisedek). Il compito del mogwe nella società Meru è quello di liberare dal male, dalle maledizioni e dalle influenze nefaste causate dallo stregone, il mu- rogi (o urogi ). Personalmente ho conosciuto il mogwe di Amungenti che ricevette il battesimo dopo un lungo catecume- nato ad opera di P. Emilio Canova (+ 2007) e P. Anto- nio Giustetto (+2002). Con il battesimo prese il nome di Giovanni MtoMugambi. Questo mogwe non lasciò a nessuno dei suoi figli la sua eredità spirituale e con lui si concluse la storia del Mogwe dell’Igembe. Os- servando la condotta e l’ufficio tribale di questo per- sonaggio, non mi è sfuggito il suo particolare stato di vicinanza a Dio, il rispetto che la gente aveva per lui, la scelta della sua persona per particolari sacrifici. Tant’è che non trovando altre parole più significative nella traduzione di certe preghiere e culti, noi missio- nari abbiamo usato il nome di Mogwe applicandolo a Gesù Cristo “Tu sei il Mogwe , il nostro sacrifica- tore”. La gente ha apprezzato e capito. IL CULTO-TIMORE DEGLI SPIRITI Ritorniano alla testimonianza già iniziata sopra. «Portano - i nostri Meru - invece un grande culto, forse per timore, agli Nkoma (spiriti e anime dei tra- passati) il cui scopo sarebbe solo quello di tribolare l’umanità. La relazione dei viventi con questi Nkoma è solo tra parenti. Si ha cura allora di sacrificare qualche volta delle capre ed offrire vino di canna da zucchero ( nchobi ) per tenere quieti questi Nkoma ai quali viene attribuita in genere ogni malattia o acci- dente. Non hanno una classe sacerdotale, lo stregone ( Moga ) sarebbe un intermediario tra gli uomini e gli Nkoma ». Quest’ultima affermazione riflette la scarsa cono- scenza che allora i missionari avevano della figura e ruolo del mogwe (scritto anche moga o muga all’in- glese) con non è più possibile confondere con lo stre- gone vero e proprio, chiamato murogi . Lo scopo di quete pagine è limitato, ma certamente la figura dello stregone e la loro occulta ingerenza nella storia delle missioni del Meru (ci sarebbe mate- riale per scrivere un vero thriller!) meriterebbe uno studio più approfondito. MOLTO DA SCOPRIRE A questo punto, visto l’argomento, vorrei sollevare un poco il velo di mistero sotto il quale come missio- nari abbiamo sempre coperto alcuni aspetti di storia e di usanze occulte tra i Meru. Nel 1964 - come pi- vello missionario - mi trovai a sostituire per alcuni giorni il parroco di Tigania. A farmi compagnia c’era un nostro conosciutissimo (a quei tempi) missiona- rio: p. Ottavio Sestero. Lo osservai a lungo mentre su uno sgualcito quaderno scriveva appunti. P. Sestero era un poco il “reporter particolare” delle nostre missioni del Kenya per la rivista Missioni Consolata. Mi feci coraggio e gli chiesi alcune delucidazioni su quanto aveva scritto nel passato. Pochi anni prima aveva mandato alle stampe un romanzetto thriller intitolato «Il sacrificio del settimo anno», dove rac- contava di un episodio avvenuto proprio nell’inci- piente missione di Tigania. Tante cose a me sembra- vano inventate o quasi. Mi rispose, tra una pipatina e l’altra: «Non è un frutto di fantasia. Sono cose avve- Da sinistra a destra: uomo Tharaka che torna dalla foresta con un grosso alveare ( Baggio ); donne che seminano granaglie: una fa il buco nel terreno con un palo appuntito, l’altra getta il seme; guerrieri Tigania ornati per la danza ( K.I.O ).

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