Missioni Consolata - Ottobre 2010

A mo’ di conclusione 98 MC OTTOBRE 2010 N ella nostra monografia ovviamente si sono dovute fare delle scelte, privilegiando l’aspetto economico, politico e culturale. Lo scambio a livello religioso non è stato considerato a causa dell’ampiezza del tema: basti pensare alla campagna di isla- mizzazione dell’Africa, all’aggressività dei gruppi e movimenti evangelici prote- stanti (tra cui la setta coreana di Moon, che tra gli altri ha arruolato l’ex arcivescovo Milin- go) e al fiorire di templi indù nelle principali città africane. Ma l’articolo a conclusione della terza parte presenta una realtà poco conosciuta e di cui (forse) siamo i primi a scrivere: lo scambio missionario cattolico tra i due continenti. Qui, non sono state date delle risposte, ma si è cercato di offrire degli elementi per comin- ciare a capire un fenomeno molto complesso e in continua evoluzione. Lentamente, ma inesorabilmente sta nascendo un mondo nuovo di cui noi non saremo più il centro, ma la periferia. Il processo non è solo politico ed economico, anche se la dimensione economica ne è la parte preponderante. È in atto una trasformazione globale che cambierà il modo di pensare e di essere di tutti, e certamente sta già portando nuovi fermenti socio-culturali in Africa e creando allarmi nelle cancellerie del vecchio mondo. Cosa nascerà da tutto questo: una nuova cooperazione o una nuova colonizzazione? A li- vello ufficiale si parla ovviamente di una nuova relazione paritaria libera dagli schemi colo- niali dell’Occidente. C’è chi scrive addirittura di una nuova vera liberazione dell’Africa e di nuovi modelli di sviluppo, in opposizione alla violenza, schiavismo e colonizzazione imposti dalle potenze coloniali prima e dall’Occidente dopo. La realtà è più sobria e dura: accanto ad innegabili vantaggi (strade e ferrovie, infrastrutture, ospedali, scuole, scambio di tecno- logie) esistono evidenti danni che non sono ancora sufficientemente monitorati: distruzione dell’ambiente, esclusione dei locali dai benefici, violazioni palesi delle norme internazionali sul lavoro, discriminazione, creazione di colonie chiuse, sostegno a regimi corrotti, azzera- mento della produzione locale con importazione di prodotti scadenti o sottocosto... L’Africa sembra aver subito fino ad ora, ma ci sono numerosi segnali di un risveglio che vanno dalla forte presa di posizione dei vescovi africani al secondo Sinodo Africano, cele- brato nell’ottobre 2009, contro i contratti capestro, lo sfruttamento indiscriminato delle ri- sorse, la distruzione dell’ambiente e l’emigrazione forzata, alle reazioni popolari, a volte violente, e alle prese di coscienza dei lavoratori che, attraverso strumenti sindacali, riesco- no ad ottenere migliori condizioni di lavoro. Tutto questo ci riguarda? Certamente, e non solo perché il fenomeno dell’immigrazione continuerà nonostante le nostre barriere, ma perché, se non ci svegliamo in modo positivo, il nostro mondo si troverà al margine di questa trasformazione. Quanto sta avvenendo tra Africa e Asia è una sfida ad abbandonare i luoghi comuni, ripensare il nostro essere in que- sto mondo e aprirci senza aggressività o masochismi ad una realtà che cambia. La storia in- segna che chi si chiude in se stesso, muore. Chi invece accetta positivamente di interagire, ha un futuro. Il processo è in atto, non serve chiudere gli occhi e le frontiere. Quando finirà? Forse mai. Cina e India dimostrano che il mito «sovrappopolazione uguale povertà» è falso, anche se la Cina, con la politica del figlio unico ha già messo un virus pericoloso nel suo fu- turo. L’Africa è il continente della gioventù, in rapida crescita e non solo demografica. Il Sud del mondo sta crescendo, interagendo e dialogando. Prendiamone atto per vivere, non sub- ire, il futuro. È una sfida al nostro sistema educativo che non solo ha dimenticato il passato (la storia), ma è anche incapace di andare oltre - come fanno regolarmente i media nostrani - i tormentoni nazionali. È un’occasione per la società civile per riflettere ed agire. È un ri- chiamo al mondo religioso e missionario, e anche a noi comunicatori missionari: i popoli dell’Asia e dell’Africa non sono più oggetti/comparse, ma soggetti/protagonisti della storia dell’evangelizzazione e del mondo. Gigi Anataloni Continua da pagina 3

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