Missioni Consolata - Ottobre 2010

africano; a soli tre anni di di- stanza, nel novembre del 2009, a Sharm-el-Sheikh il premier Wen Jiabao ha addirittura raddop- piato la cifra: 10 miliardi di dol- lari hanno lasciato le casse di Pechino diventando capitale da investire nei paesi africani.Alla politica africana dei cinesi, sono state sollevate molte critiche, specie dall’Europa, dove i mas- sicci investimenti da parte dei ci- nesi in Africa sono visti come un ritorno al colonialismo nel conti- nente nero, ricchissimo di ener- gia e materie prime. Secca la ri- sposta degli asiatici, che non ac- cettano accuse di colonialismo dai paesi occidentali: «Gli euro- pei considerano queste nazioni come il loro cortile. È chiaro che non siano felici dell’arrivo dei ci- nesi», è stato il commento del- l’esperto Xu Weizhong al quoti- diano cinese in lingua inglese, Global Times . PECHINO AFFAMATA DI ENERGIA Il 20 luglio 2010, l’ International Energy Agency ha pubblicato dei dati che non lasciano spazi ad interpretazioni: nel 2009 la Cina ha consumato 2.252 milioni di Il messaggio è chiaro: la Cina non vuole interferenze in quella che è la propria politica interna. Altrettanto indubbio è il messag- gio dato ai paesi africani: Taiwan è una questione interna, la Cina è una sola e come tale va ricono- sciuta. A ciò hanno fatto seguito nume- rosi altri eventi all’interno delle relazioni tra Cina e Africa. Vo- gliamo qui ricordarne almeno due: i frequenti viaggi nel conti- nente africano dell’ex presidente Jiang Zemin e di molti altri lea- der del Partito comunista ci- nese; l’annullamento totale o parziale del debito che più di trenta paesi africani avevano con la Cina, per una somma tutt’al- tro che irrisoria: 1,3 miliardi di dollari (3) . Negli ultimi anni quasi tutti i paesi africani hanno così rotto ogni rapporto con l’isola di Taiwan (4) , riconoscendo invece la Repubblica Popolare di Cina. Ci- fre da capogiro investite in infra- strutture in cambio di riconosci- mento a livello internazionale: la strategia cinese era ormai av- viata. Anche nelle relazioni diplomati- che, i leader africani non sono stati da meno: solo tra l’estate del 2006 e quella del 2008, capi di stato e ministri da quasi trenta differenti paesi sub sahariani sono stati in visita ufficiale in Cina (5) . Nel 2006, a Pechino, il presidente Hu Jintao promise 5 miliardi di dollari al continente tonnellate di petrolio, scaval- cando gli Stati Uniti e diventando il primo consumatore di energia al mondo (6) . Petrolio a parte, la Cina è anche grande consuma- trice di carbone e per questo leader internazionale nelle emissioni di gas serra. Petrolio, carbone, gas naturale, fonti di energia rinnovabile: è la Cina la nazione con più fame energetica. Saranno le vaste di- mensioni territoriali (trenta volte circa la superficie della nostra penisola) o il miliardo e quattro- cento milioni di persone (milione più, milione meno), ma la Cina ha assoluto bisogno di energia per mantenere il livello di svi- luppo che da decenni viaggia ad una velocità che si aggira at- torno al dieci percento annuo, e che la crisi economica mondiale degli ultimi tempi ha solo rallen- tato. Secondo la già citata Inter- national Energy Agency , nel 2030 il consumo di petrolio in Cina raggiungerà i 2,4 miliardi di tonnellate: un aumento dell’87% rispetto ai dati del 2007. Secondo l’agenzia Asia News , Pechino sarebbe pronta ad ini- ziare i lavori per una ferrovia che OTTOBRE 2010 MC 9 MC ARTICOLI # Sopra: cittadini pechinesi intenti a giocare a scacchi sulla strada. # A destra: la «via dei fantasmi», a Pechino, una zona di ristoranti aperti 24 ore su 24.

RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=