Missioni Consolata - Ottobre 2010

OTTOBRE 2010 MC 69 MC ARTICOLI gia informatica, telecomunica- zioni, produzione e mercato auto, industrie minerarie, siderurgiche, chimiche... Il colosso indiano ha stabilito a Johannesburg la Tata Africa Holdings, quartiere gene- rale per tutte le operazioni Tata nel resto del continente. Il capitale indiano è entrato an- che nell’industria farmaceutica (Cipla), fabbrica di macchinari (Mahindra), distillerie ( United Breweries ). Negli ultimi anni an- che lo stato indiano ha deciso di investire in infrastrutture e ga- ranzie di credito verso il Suda- frica e altri paesi africani in cam- bio dei diritti di esplorazioni dei pozzi petroliferi, giacimenti di carbone e altre fonti energetiche. NUOVO COLONIALISMO? Ai nuovi rapporti politici tra Asia e Africa ha fatto seguito una nuova ondata migratoria indiana: questa volta sono imprenditori, professionisti, tecnici altamente specializzati. Ma ciò non signi- fica che le comunità indiane in territorio africano siano più amate: gli indiani, vengono accu- sati di chiudersi a riccio, di creare tante little India imper- meabili all’ambiente circostante. Per questo Delhi è impegnata anche in progetti di scambio cul- turale e promozione di pacchetti di aiuti e progetti di sviluppo in aree disagiate. In cambio ovvia- mente di un accesso privilegiato a energia, minerali, diamanti africani. Di fronte alla sua crescente in- fluenza politica ed economica, qualcuno parla di colonialismo di ritorno. Ma nessuno protesta più di tanto, anche perché le strate- gie indiane si dimostrano meno aggressive e meno rapaci di quelle cinesi. Più di una volta Delhi ha promosso vertici con i paesi africani per stabilire le re- gole commerciali e linee di cre- dito, fissare interventi mirati nei settori di sviluppo agricolo, tec- nologico e industriale. Nel Forum India-Africa (Delhi nel 2008), a cui hanno partecipato 14 paesi africani, una Dichiarazione con- giunta ha stabilito di promuovere a livello internazionale una serie di interessi comuni, che vanno dalla riforma dell’ONU ai pro- blemi della sicurezza alimentare, cambiamenti climatici, strategie comuni nel WTO. In confronto con la Cina, interes- sata alle risorse dell’Africa, l’In- dia sembra più intenzionata ad aiutare l’Africa ad acquistare peso nell’agenda internazionale, coinvolgendola in prima persona nelle grandi questioni del futuro del pianeta. Benedetto Bellesi Con i suoi elementi linguistici tipici delle popolazioni indonesiane e il di- zionario di origine bantu, la lingua malgascia è un esempio classico del processo di ibridazione emeticciato trailcontinenteasiaticoequelloafri- cano, avvenuto nel corso dei secoli a tutti i livelli.Apartiredaquellobiolo- gico. Sono chiaramente orientali i li- neamenti somatici di alcune etnie comeiMerinaedialtrigruppidell’al- tipiano centrale; mentre nelle re- gioni piùoccidentali dell’isola predo- mina il tipo fisicoafricano. Gli asiatici hanno portato nell’isola elementi culturali propri, differen- ziandosi nel modo di vivere, attività artigianali, riti religiosi... ma alcuni elementi si sono imposti a livello na- zionale, come il valiha , uno stru- mentomusicale utilizzato nelle ceri- monie sacre, ma oggi usato anche in ambito profano e diventato simbolo nazionaledellamusicamalgascia. Imigranti asiatici contribuirono for- temente allo sviluppo economico del Madagascar e del continente afri- cano: nei loro viaggi portarono varie piante indigene del Sudest asiatico, in particolare la banana, noce di cocco, igname, taro, canna da zuc- chero e soprattutto il riso. Ancora oggi i terrazzamenti agri- coli, occupati dalle risaie, assomi- gliano più al tipico paesaggio dei paesi orientali che a quello del vi- cino continente africano. Il riso è la base della dieta alimentare di tutto il popolomalgascio: mangiare il riso acolazionepranzoe cenaè cosanor- malissima; il riso viene normal- mente accompagnato da uno stu- fato di carne di pollo o di zebù, ani- male d’importazione bantu, il cui al- levamento, ancora oggi, costituisce un elemento culturale e conserva un ruolo sociale molto simile a quello presente nei popoli pastorali del continente africano. La presenza africana sembra es- sere massiccia a partire dal secolo IX, sotto la spinta del commercio musulmano. Il controllo degli arabi sulle coste africane e su parte di quelle malgasce e la concorrenza delle nuove potenze marinare ci- nesi e indiane, causarono il rapido declino del predominio marittimo degli indonesiani, anche se nel se- colo XVI, quando i portoghesi arri- varono in Madagascar, vi trova- rono ancoramarinai giavanesi. Dopo secoli di relativo disinteresse, nuovi occhi a mandorla si sono po- sati sul Madagascar: alla fine del 2008, il colosso sud-coreano Daewoo Logistics , stava per avere in affitto, per 99 anni, 1,3 milioni di ettari di terra (tre volte la Liguria) destinata alla produzione di mais e olio di palma. Tutto il prodotto, 4milioni di tonnellate dimais e 500mila tonnel- latedi olio l’anno, eradestinatoasfa- mare il mercato coreano; in com- penso la Daewoo si impegnava a in- vestire 4,8 miliardi di euro su 25 anni per bonificare le terre e instal- lare infrastrutture. In pratica un pezzo di paese veniva appaltato gra- tis auno stato straniero. Quando l’affare fu risaputo, ad An- tananarivo, la capitale, una scate- nata indignazione popolare co- strinse il presidente Marc Ravalo- manana alle dimissioni; il nuovo presidente, Andry Rajoelina, 24 ore dopo il suo insediamento strac- ciava quel contratto. B.B.

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