Missioni Consolata - Dicembre 2009

MISSIONI CONSOLATA MC DICEMBRE 2009 45 Anche Abebe, 25 anni,eritreo, è stato in carcere in Libia un anno e mezzo: «Il trattamento riservato a noi cristiani era ancora peggiore di quello riservato agli altri. Così, una volta finito l’incubo, speravo che il peggio fosse passato ma adesso ripercorro un altro incubo, non più libico ma tutto italiano. Sono qui in Italia da 3 anni, ho vo glia di lavorare e potrei fare qual siasi lavoro ma non trovo che la voretti saltuari. I percorsi di acco glienza non so cosa siano. Ho sopravvissuto come meglio pote vo fino ad ora, preferendo la stra da al dormitorio, che tende a mi nare qualsiasi dignità umana. L’i taliano l’ho imparato da solo, nella vita quotidiana. Appositamente non ho voluto prendere il pass per via Asti, volevo sentirmi a casa e non “controllato” come un crimi nale. Sono una persona onesta e mi ritrovo invece in un paese do ve la discriminazione è forte, do ve la gente ha paura del colore del la mia pelle, dietro la quale pensa ancora che si nasconda un essere malvagio. Quello che mi preme, come per tutti noi, è la conquista dei miei diritti. Ma chissà quanto tempo ancora dovrà passare pri ma che questo si realizzi. Questa incertezza nel futuro mira a get tare la gente nella depressione, in cui diventa poi facile cadere preda del vizio: dall’alcool al fumo e via dicendo. Siamo schiavi di una ter ra dove tutto è così accessibile e la fragilità si paga con l’annullamen to del proprio essere». F inalmente arriviamo in via Asti. Dopo qualche insistenza per potervi accedere con l’autoriz zazione. L’ex caserma di via Asti ha l’aspetto imponentedi unveroe pro prio carcere. Sorvegliato tra l’altroda pattuglie di militari. Al momento è gestita dalla Fon dazione Dravelli di Moncalieri, mentre agli ex alpini in pensione spetta il compito della «sicurezza» e del tassativo controllo dei pass dei 220 ospiti della struttura. Gianluca Saiu, il coordinatore della Fondazione Dravelli, ci fa da cicerone per i due piani della strut tura e ci offre un quadro numerico e strutturale della «casa»: «In tutto ci sono 10 persone che lavorano qui dentro: personale di gestione, 4 mediatori linguistici e 2 media tori culturali. Ci sono 23 stanze per gli ospiti che accolgono da un mi nimo di 6 persone a un massimo di13. Corredano la dimora: una sa la dispensa, un’infermeria, uno sportello sanitario aperto tutti i giorni dalle 15 alle 17.30, 3 sale per l’insegnamento dell’italiano con quattro insegnanti a disposi zione, docce, bagni e lavanderia senza l’uso della lavatrice per via del voltaggio troppo basso». Nu meri. E sul futuro del progetto «tampone» via Asti? Ancora non si sa nulla, ci conferma Saiu e ripro pone l’inquietante interrogativo che passa da Settimo alla Casa Bianca e a qui, coinvolgendo la re te più ampia di tutti i rifugiati. Due dei rifugiati si dicono dispo nibili a raccontarci qualcosa. Li in vitiamo a bere un caffè fuori dal l’ex caserma e seguiamo con loro le procedure di presentazione pass e documenti, per poter entrare e uscire da via Asti, dove ci sono ora ri di ingresso rigidi: si deve rien trare entro le 23 di sera. Pena il po sto alla terza sera di assenza. Anche se su questo, Saiu ci ras Torino: una camera del dormitorio; due giovani profughe. Pagina precedente: veduta del Centro Cri di SettimoTorinese.

RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=