Missioni Consolata - Dicembre 2009

Auguri (non di stagione) A i lettori «Simbolo di una nuova era», dipinto dell’artista camerunense Hervé Herman Momo, esposto in Vaticano, nell’atrio dell’Aula Paolo VI, durante il Sinodo per l’Africa R isulta davvero curioso pensare che in un’Europa sempre più secolarizzata, scristianiz- zata, religiosamente disinteressata, milioni di persone continuino, in questo periodo, a scambiarsi gli stessi identici auguri: «Buon Natale». Chissà cosa realmente intendo- no coloro che non fanno diretto riferimento al bimbo di Betlemme quando, nel calore di un abbraccio, di un brindisi, di uno scambio di doni, lasciano scivolare via queste due paro- le così consuete… La forza del Natale sembra spingerci ancora al di là delle differenze e delle ideologie. È pur vero che si trovano ormai sul mercato biglietti di marca anglo-sassone che recitano « seasonal greetings » e sugli espositori dei nostri negozi campeggiano cartoncini con «auguri di buone feste», buoni per tutte le occasioni e araldi del politicamente corretto. Molti, comunque e nonostante tutto, non rinunciano alla formula classica, così tradizio- nalmente familiare. Natale e i suoi riti, infatti, sono ormai parte della nostra storia, della nostra cultura, del nostro linguaggio, del nostro vivere quotidiano. Esattamente come lo è la croce, che della vita di quel bambino di cui da più di duemila anni celebriamo la nascita sarà evento conclusivo e strumento di glorificazione. N atale e la croce sono intimamente legati alla vita di Cristo come, oggi, lo sono a quella di tante persone violentate nei propri diritti e nella propria dignità, esseri umani che trovano nell’episodiodi Betlemmeunmotivodi conforto e inDiounalleato capace di incarnarsi nel fango di unamangiatoia pur di offrire al mondo unmessaggio di giustizia e di speranza. Nella luce della cometa già si intravede un fulgore diverso, che sarà raggio potente, capace di abbagliare gli indifferenti e gli Erode di sempre, di dare forza e coraggio ai fragili, di indi- care la strada a chi nella vita ha perduto la rotta. Il Natale è già un racconto di Resurrezione, ed è proprio in quest’ottica che ci auguriamo, e soprattutto auguriamo a voi, cari amici e lettori, che possa essere «buono». Buono perché scomodo, anzi rivoluzionario, capace di provocare e sovvertire le nostre stanche consuetudini di cristiani ormai abituati alla fede e non più perennemente sfidati da essa. Buono perché missionario e quindi aperto all’uni- versale, ai luoghi e alle genti che altri non vogliono o non riescono a raggiungere. Buono perché segnato dalla croce che troneggia all’orizzonte, segno di sofferenza e sacrificio, ma anche di impegno a vivere con coerenza e determinazione la nostra vita battesimale. Buon Natale allora. Ancora una volta non vogliamo offrire anonimi auguri «di stagione», ma delle vere e proprie primizie. U GO P OZZOLI

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