Missioni Consolata - Ottobre/Novembre 2009

Q uando padre Aldo si allontana dalla missione con il suo Land Rover «passo lungo» sem- bra debba partire per fare il giro del mondo; il Nord del Kenya, del resto, non lascia spa- zio all’improvvisazione. Ma fra ruote di scorta, arnesi da lavoro, vanghe e tutto ciò che trasforma la sua automobile in un’officina da campo, non si dimenticamai di caricare centinaia di litri d’acqua: il bene più prezioso in queste lande desolate, offerto alla gente incontrata lungo le piste e nei villaggi arsi dal sole. Dar da bere agli assetati, in fondo, è uno dei modi più sicuri per assicurarsi il paradiso. Guardando le acacie secolari che stanno seccando, padre Aldo, vede crescere il deserto dove prima non c’era e pensa che, tra breve, l’acqua che carica sul suo gip- pone forse non basterà più. Padre James vive in città, in uno di quei quartieri imbuto dove il Kenya si stringe vomitando ogni giorno centinaia e centinaia di esseri umani in baracche fatiscenti e strade maleodoranti. Non poche di queste persone vengono da terre che stanno diventando secche e che obbligano la gente a scappare. James fissa il cielo e sa che se non pioverà presto il suo gregge diventerà più numeroso e molti di quelli che si rompevano la schiena lavorando nei campi si spacche- ranno presto fianchi e polmoni in qualche discarica di immondizia cittadina. Poche centinaia di chilometri, uno spazio che non significa nulla se confrontato con l’insieme del pianeta; eppure, questa piccola porzione di terra che separa lo sguardo dei due missionari, rivela le metastasi di un «problema» ambientale di ben altra portata, tale da giustificare un’al- lerta globale. Un appello che Missioni Consolata , rivista da sempre attenta alla persona umana e al suo milieu , fa suo anche attraverso la pubblicazione di questo numero speciale. I l tema ambientale, un tempo lasciato ai margini della riflessione teologica dell’Occidente, è oggi parte dell’agenda del cristiano impegnato, che lo sente indissolubilmente legato ai temi della giustizia e della pace. «Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato» recita il titolo del messaggio di Benedetto XVI per la prossima Giornata mondiale della pace (1° gennaio 2010). È un imperativo che riguarda il mondo nella sua globalità, ben sapendo che se l’umanità non sarà in grado di prendersi cura del mondo a lei affidato dovrà incorrere in situazioni di conflit- to che metteranno a dura prova l’ordine e l’equilibrio del nostro pianeta. I cambiamenti clima- tici, l’uso smodato delle risorse, lo smaltimento dei rifiuti, il ricorso massiccio alle biotecnolo- gie, la crescita demografica cessano di essere un problema puramente scientifico, ma toccano le vite e le responsabilità di tutti. Per questo la nostra monografia, dopo una prima parte doverosamente tecnica dedicata ad alcuni aspetti del problema ambientale, si apre al racconto dell’esperienza di chi vive l’ambien- te come un dono ricevuto e un bene collettivo da salvaguardare con spirito di solidarietà e con- divisione. Da queste storie di vita vissuta scaturisce la chiamata alla responsabilità collettiva che fa della custodia dell’integrità del creato una priorità del nostro agire per il bene comune. Una sfida da affrontare con un occhio aperto alla qualità del nostro vivere presente, e con l’al- tro spalancato verso il futuro, alle generazioni che verranno e alle quali, fuori da ogni retorica, vorremmo lasciare domani un mondo migliore. Domani è un altro giorno A i lettori U GO P OZZOLI

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