Missioni Consolata - Luglio/Agosto 2009

MISSIONI CONSOLATA MC LUGLIO-AGOSTO 2009 47 re dal guscio” e dall’incessante propaganda militare». Il giovane israeliano, che ci par- la mentre passeggia per la città con il suo cane Doobie, in una cal- da giornata di maggio 2009, è una persona che ha imparato a dosare bene ogni parola, perché sa che c’è molto in gioco, soprat- tutto per quanto riguarda la sfera personale. Il suo ennesimo rifiuto a im- bracciare le armi come riservista per l’Idf, durante la guerra di Ga- za, gli è costato a fine gennaio tre giorni di carcere preventivo, ma soprattutto l’aperturadi un nuovo processo di cui non sa ancora le conseguenze. Quando aveva detto il primo «no» nel 2001, durante, appunto, la seconda intifada , Noam era sta- to condannato a scontare 22 gior- ni di prigione. Questa volta po- trebbe andare peggio, e di molto. «Mi è stato detto che rischio il pro- cesso civile e che la pena può ar- rivare fino a due anni, mentre quella militare è al massimo un mese», spiega l’obiettore, che at- tualmente sta svolgendo un dot- torato in Matematica all’università di Tel Aviv. «Non capisco le ragioni di que- sta minaccia, ma sono pronto ad affrontare il verdetto, perché ho la coscienza pulita. Anche se sup- pongo che, a quattro mesi dalla fi- ne dell’attacco su Gaza, all’eserci- to convenga “dimenticarsi” di me, piuttosto che condannarmi con il rischio di scatenare un putiferio mediatico senza precedenti» com- menta Noam. I nfatti, proprio questo è il punto: il tenente Livne (prima del rifiu- to del 2001, il giovane aveva servito Tsahal per ben sette anni, salendo nei gradi), grazie alla sua azione di disobbedienza civile, nel tempo è diventato celebre in tutto il suo paese. Soprattutto dal 2002, quando, con altri riservisti come lui, ha fondato l’associazione Cou- rage to refuse (Coraggio di rifiu- tare, Ometz Le’sarev in ebraico), pubblicando su vari mezzi d’infor- mazione nazionali il proprio ma- nifesto politico, ovvero la Lettera dei combattenti , testo in 10 punti che ribadiva le ragioni del « n o» al- le armi. Eccone un estratto: «Noi, che ab- biamo visto le sanguinose conse- guenze dell’occupazione, in en- trambe le società, israeliana e pa- lestinese (...) riteniamo l’ordine di combattere nei Territori come la di- struzione di tutti i valori con i qua- li siamo cresciuti; (...) dichiariamo che non parteciperemomai a guer- re per la difesa delle colonie; ma serviremo comunque l’esercito in ogni missione che sia di natura di- fensiva, quindi non quelle riguar- danti l’occupazione e l’op- pressione del popolo palestinese». Una presa di posizione forte, inedita per la società israeliana, che, inaspettatamente, ha riscos- so un enorme successo: sono sta- ti ben 628, nel corso degli anni, i soldati o i riservisti che hanno fir- mato la Lettera dei combattenti . «Ci hanno chiamato traditori, vi- gliacchi, oppure egoisti. Tentano spesso di convincerci a fare mar- cia indietro, a ritornare a combat- Un soldato controlla un passante palestinese in una via di Hebron.

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