Missioni Consolata - Ottobre/Novembre 2008

62 MC OTTOBRE-NOVEMBRE 2008 CINA liardo e 500milioni di abitanti, 56 di- verse etnie, religioni, culture, usanze che viste da fuori rilasciano un’im- magine che potrebbe somigliare a un patchwork dai colori sgargianti. Il confucianesimo, con la sua enfasi su- gli obblighi sociali e sulle gerarchie, aiuta a conferire coerenza a un siste- ma che ha il compito di gestire tutto questo,mentre la linea ufficiale del governo è: prima dei diritti civili e politici, vanno garantiti quelli sociali ed economici.Non si può essere li- beri a stomaco vuoto. Subsistence:The Primary Human Ri- ght è il titolo di un articolo cheYu Quanyu scrive sul Renmin Ribao (4) nel novembre del 1992,dove sostie- ne che il «diritto alla vita» di cui si parla nella Dichiarazione d’Indipen- denza degli Stati Uniti del 1776 e il concetto di «libertà» della Dichiara- zione universale corrispondono per la Cina a quel «diritto alla sussisten- za» di cui si parla nell’allora appena redatto Libro bianco del governo ci- nese sui diritti umani.Quanyu sostie- ne che il documento pone giusta- mente l’accento su questo diritto co- me primario,passando poi a tutti gli altri,da quelli individuali e dellemi- noranze, per arrivare alla libertà di e- spressione e a quella sindacale. «L’o- pulenza degli Stati Uniti - continua il giornalista - contrasta fortemente con lemigliaia di cittadini statuni- «termine di paragone» a «peso»,da «misurare» a «considerare le circo- stanze». Il carattere assume il signifi- cato più vicino a «diritti umani» in Mencio, filosofo confuciano del IV sec. a.C., che lo utilizza in riferimento al giudiziomorale su una persona virtuosa che decide di aggirare una norma per raggiungere un bene più grande. In altri contesti il termine si- gnifica semplicemente «potere». Quan fu adottato per tradurre in ci- nese il termine occidentale «diritti» nella traduzione di Elements of Inter- national Law di HenryWheaton, fat- ta dal missionario americanoW.A.P. Martin. La pubblicazione uscì a Pe- chino nel 1864, e il lettore del testo capiva subito che quel quan stava a significare qualcosa di speciale. Il quan di una nazione o di un indivi- duo non indica semplicemente i po- teri che essi hanno in quanto tali, e- lementi innati,ma si tratta piuttosto di un concetto normativo,dipen- dente da ragione, giustizia e accordi (3). Il principio assume un chiaro connotato: il diritto individuale,dei cittadini,di un essere umano varia con il variare della posizione che si occupa all’interno della gerarchia sociale. Ed ecco che il mondo confu- ciano si scontra con il nostro S.Tom- maso, secondo il quale è diritto del- l’uomo rivendicare la propria libertà individuale quale suo diritto natura- le. Consideriamo che gli elementi di partenza sono sostanzialmente di- versi: la Cina ha un passato imperiale ininterrotto durato 12 secoli, 1mi- struire una «società armoniosa» (2). La visione più propriamente occi- dentale, che promuove libertà civili e politiche per l’individuo come cuo- re del discorso sui diritti umani, è vi- sta come teorica, astratta e spesso i- pocrita. I diritti secondo Pechino Guardando la Cina da dove cala il sole, vediamoTiananmen 1989, il Ti- bet, il Xinjiang, i campi di lavoro, i drammi emersi dal terremoto dello scorsomaggio. E la condanniamo. Ma la prospettiva opposta,quella che si configura da dove sorge il so- le, come si presenta? Il primo sforzo che bisogna fare è terminologico: fino al 1864 non esi- steva un carattere o un’espressione che avesse il significato di «diritti u- mani». Uno dei primi termini che è stato utilizzato per tradurre «diritti dell’uomo» in lingua cinese è quan 权 , il cui significato originario può variare, a seconda del contesto,da D urante l’epoca imperiale l’esecuzione capitale si contraddistingueva per bru- talitàe torture.Unodeimetodi piùutilizzati era il fare a pezzi la persona da viva, gra- dualmente e nell’arco di molti giorni, par- tendodalleestremitàdel corpoper arrivare al cuore e alla testa. La pena di morte nelle sue diverse forme fu introdotta nel sistema di giustizia criminale almeno dalla dinastia Qin (221-207a.C.),laprimacheunificòedo- minò l’impero. Il suo utilizzo sembra essere statomenofrequentediquantosisostenga: i governanti confuciani eranospessofrenati dallacompassione,ericorrevanoallagrazia. Letradizioni imperialicinesiinoneranoper- tantopiùduredelregimediesecuzioniepu- nizioni invoga inEuropanellostessoperio- do, ma erano caratterizzate da tortura e- strema ebrutalitànell’esecuzione. AmnestyInternationalevidenziacomeida- ti ufficiali su sentenze ed esecuzioni siano considerati segreto di stato. Nel gennaio 2007 i media statali hanno annunciato che tutti ii casi in attesa di pena capitale sareb- berostati rivistidallaCorteSuprema,incon- siderazionedel fattochedal1983il sistema è rimasto in stallo.Da allora in poi si è regi- strato un calo delle esecuzioni: 470 i casi ri- portati daAmnestynel 2007,inbaseai rap- portipubblici:idatiufficiosi secondol’Ong, credibili poiché raccolti a livello locale,par- lano invece di 6.000 esecuzioni. Il sistema giudiziario cinese prevede 68 crimini in cui la pena capitale può essere comminata, in- clusi corruzione, frode e violazioni connes- se al traffico e al consumodi droga. La pena di morte in Cina Mercato alimentare uiguro a Urum- qi. Pagina accanto: squadre anti- sommossa al mercato di Ghuljia.

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