Missioni Consolata - Ottobre/Novembre 2008

DIRITTI SOTTO ATTACCO messa in discussione l’efficacia degli strumenti tradizionali del diritto in- ternazionale per contrastare tali vio- lazioni. Dall’altro vi è il timore che le stesse violazioni possano costituire forme di concorrenza sleale da parte di quegli Stati che, disapplicando il divieto di sfruttare i bambini, posso- no avvalersi di un basso costo della manodopera. La «clausola sociale» Nell’ambito del dibattito interna- zionale sulla possibilità di individua- re un legame tra il divieto di sfrutta- mento dei bambini e il commercio internazionale, riveste un interesse particolare la possibilità, di introdur- re nei trattati internazionali di natu- ra commerciale una «clausola socia- le». Questa è una forma di condizio- nalità espressa all’interno dei suddetti trattati che subordina la piena applicazione delle loro dispo- sizioni al fatto, in questo caso, che i contraenti non sfruttinomanodope- ra infantile. La proposta di introdur- re tale clausola nelle relazioni com- merciali tra paesi è stata presentata inizialmente nel corso dell’ Uruguay Round che si è concluso a Marrakech il 15 aprile 1994 con l’istituzione del- l’Organizzazione mondiale del com- mercio (Omc). Secondo gli Stati Uni- ti e molti altri paesi industrializzati, una simile clausola, da un lato a- vrebbe dovuto contribuire a raffor- zare la tutela internazionale dei di- ritti dei bambini e, dall’altro, avrebbe messo al riparo i loromercati da fe- nomeni di dumping sociale. Essendo questa la concorrenza «sleale» eser- citata sui mercati internazionali da quegli stati che esportano beni a basso costo perché prodotti sfrut- tandomanodopera infantile. Tale proposta non è stata accolta a causa della vivace opposizione da parte dei paesi in via di sviluppo, i quali l’hanno considerata, una mi- naccia alla loro sovranità nazionale e uno strumento potenzialmente ca- pace di generare fenomeni prote- zionistici nei confronti delle loro e- sportazioni. Indipendentemente dai risultati immediati ottenuti, al dibattito che si è svolto nel corso dell’ Uruguay Round sull’inserimento della clauso- la sociale, va riconosciuto il merito di aver portato la questione della pro- tezione dei bambini dallo sfrutta- mento economico all’attenzione in- ternazionale. Commercio internazionale e sfruttamento dei bambini Una migliore comprensione del fenomeno, tuttavia, impone alcune riflessioni in relazione ai reciproci rapporti di causa - effetto esistenti tra intensificazione del commercio internazionale e sfruttamento del la- voro infantile. L’esigenza che il pri- mo non si disinteressi della tutela dei bambini impone che non sia es- so stesso la causa o l’occasione della violazione dei loro diritti. Ciò induce a prendere in conside- razione i potenziali effetti del com- mercio internazionale nei confronti dello sfruttamento dei bambini. Si tratta di valutare se le nuove istanze poste dalla globalizzazione dell’eco- nomia siano in certa misura la causa della crescente violazione del divie- to di sfruttare manodopera infantile. I principali interrogativi sorgono dalla constatazione che, nella ricerca di un risparmio di costi di produzio- ne, gli investimenti e gli scambi commerciali tendono a localizzarsi nei paesi che, pur in violazione di obblighi internazionali, consentono India: spesso i bambini lavorano i campi con i genitori. mento nelle forze armate. L’utilizzo e l’offerta dei bambini per la prostitu- zione e la pornografia e per attività illecite, in particolare per la produ- zione e il traffico di droghe.Ma an- che l’impiego dei bambini in attività lavorative che per loro natura o per le circostanze in cui vengono svolte possano compromettere la loro sa- lute, sicurezza e moralità. In effetti, l’attività di codificazione della comunità internazionale sui di- ritti dei bambini è stata quantomai prolifica e ha coinvolto, oltre alle Na- zioni Unite e l’Organizzazione inter- nazionale del lavoro anche l’Unione europea, il Consiglio d’Europa, il Mercosur, il Nafta e l’Organizzazione dell’Unità Africana. La cronaca quotidiana, tuttavia, ci insegue con immagini di infanzia negata, evidenziando che la tutela garantita dal diritto internazionale all’infanzia contro lo sfruttamento e- conomico, benché sia considerevole nell’enunciazione, non è ancora rea- lizzata adeguatamente. Le ragioni di questa sfasatura si trovano nel complicato intersecarsi di relazioni economiche e politiche che coinvolge i principali attori in- ternazionali: stati e imprese multina- zionali. Negli ultimi anni èmaturata la convinzione, che un’adeguata appli- cazione del divieto di sfruttamento economico dei bambini possa e debba essere garantita attraverso l’adozione di misure commerciali re- strittive, o altre sanzioni, nei confron- ti degli stati che lo disattendono. La richiesta si fonda principalmen- te su due argomenti: da un lato è

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