Missioni Consolata - Giugno 2008

MISSIONI CONSOLATA N ata il 19 gennaio 1813, a Giu- liano di Roma (Frosinone), terza dei quattro figli di Tom- masoTroiani e Teresa Panici, Costan- za, questo il suo nome di battesimo, a sei anni fu travolta da una tragedia familiare: la madre morta, il padre in prigione per uxoricidio, i fratelli affi- dati a una zia materna e collocati in differenti istituzioni ( vedi riquadro ). Costanza fumessa nel Conserva- torio della Carità a Ferentino, un col- legio femminile gestito da religiose di diritto diocesano, le Oblate claris- se, popolarmente chiamate «mona- chelle», per distinguerle dalle omo- nime claustrali presenti nel paese. NUOVA FAMIGLIA La vita al Conservatorio era pove- ra e austera, ritmata dalle attività scolastiche, apprendimento di lavori femminili, iniziazione alla preghiera e alla vita cristiana: la piccola Co- stanza, intelligente e sensibile, carat- tere molto vivace, vi si sentiva a pro- prio agio. Anzi, vi trovò la sua nuova famiglia, composta da sei suore, al- cune collegiali sue coetanee e un’anziana maestra pensionante, tanto che, quando alcuni parenti le proposero di ritornare nella società, non ne volle sapere, felice di restare nel suo convento, affascinata dal fer- vore spirituale che vi si respirava. Era un’atmosfera permeata, natu- ralmente, dalla spiritualità france- scana, alla quale si aggiungeva la contemplazione dell’umanità soffe- rente del Cristo.Questa devozione era propagata da due ordini religio- si, fiorenti nel Centro Italia di quegli anni: i passionisti e i missionari del Preziosissimo Sangue, fondati da san Gaspare del Bufalo. I primi erano di casa al Conserva- torio come confessori e direttori spi- rituali. Il secondo, don Gaspare, nel 1824 percorse palmo palmo la dio- cesi di Ferentino, predicando le mis- sioni in tutte le parrocchie e gli eser- cizi spirituali a tutti i religiosi e reli- giose. Le monachelle furono tanto infiammate nello spirito di peniten- za, riparazione e partecipazione alle sofferenze di Cristo, da tradurre la devozione in forme esteriori al limite del parossismo. MC GIUGNO 2008 19 Francescana missionaria in visita a un villaggio nella Guinea Bissau. SENZA FAMIGLIA L’unico riferimento di CaterinaTroiani alla sua famiglia è in una lettera del 1881, quando apprese la notizia della morte del fratello don Francesco. «Lo raccomando alle sue preghiere - scriveva a don Verri -.Egli era l’unico mio fratello di padre e ma- dre; ne ho altri di altra madre e stesso padre... anche questi raccomando alle sue o- razioni». Il padre si chiamava Tommaso, sposato nel 1805 conTeresa Panici. «Speziale» di professione, ma instabile per indole,Tommaso aveva dilapidato il patrimonio pa- terno e offriva i suoi servigi al migliore offerente. Proprio per ragioni di lavoro, al- l’inizio del 1816, si trasferì con la moglie e i quattro figli da Giuliano di Roma al pae- se limitrofo di Santo Stefano. Qui s’invaghì di un’altra donna. La relazione gli pro- curò anche qualche giorno di prigione; ne uscì con la promessa di emendarsi. Ma fu inutile: una notte del giugno 1819 la moglieTeresa lo sorprese in fragran- te e «ne ricevé delle briscole», come narrano le cronache del tempo.Da quel mo- mentoTommaso decise di disfarsi della moglie. Alla fine dello stesso meseTeresa era nella tomba per un probabile avvelenamento. Processato e condannato all’ergastolo per uxoricidio premeditato,Tommaso fu scarcerato dopo 12 anni per buona condotta.Tornato in libertà, non trovò nessu- no ad aspettarlo. Dei quattro figli, tornati a Giuliano e affidati alla zia materna, due erano morti tre anni dopo la scomparsa della madre;Costanza era diventata suo- ra con il nome di Caterina; Francesco era in seminario, dove sarà ordinato prete nel 1836. Vivendo da buon cristiano, il Troiani cercò di rifarsi una vita e a 60 anni, nel 1842, si risposò; ebbe altri quattro figli, che lascerà in tenera età nel 1853, colpi- to da ictus cerebrale.

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