Missioni Consolata - Febbraio 2008

IL CORAGGIO DELLA VERITA’ AMARE I POPOLI Essa non è solare, brillante. Immaginare l’Europa, per me, significa trovarmi in forte tensione tra ripugnanza e amore, attiva nostalgia e disprezzo patito». Ricorda, poi, le riforme influenzate dall’Occidente, effettuate da Mustafa Kemal Ataturk, il fondatore della Repubblica, il padre della nazio- ne turca moderna, dal 1923 agli anni Trenta. Infatti, «accan- to a cambiamenti formali, quali il passaggio dall’alfabeto arabo a quello latino, l’adozione del calendario “cristiano”, lo spostamento alla domenica del giorno festivo settima- nale, ne esistono altri che hanno lasciato tracce più marca- te nella società, come il miglioramento dei diritti delle don- ne». Riforme, ancora oggi, oggetto di tante dispute tra gli intellettuali turchi. M entre Pamuk mi firmava una copia de Il libro nero gli ho detto, in inglese, che quando leggo i suoi libri non posso fare a meno di pensare a Pirandel- lo. Lo scrittore turco si è fatto una bella risata, affermando che era arrivato a Pirandello tramite Borges. Ha poi rispo- sto con un vigoroso assenso con il capo quando gli ho chie- sto se è stato influenzato dal drammaturgo siciliano. Infatti, solo pensando a Pirandello, che spazia sul conti- nente e trasforma i suoi personaggi al massimo in Enrico IV , sono finalmente riuscita a capire Il castello bianco di Pamuk, ambientato nel 1600, dove la trasformazione avviene tra Oriente e Occidente, ovvero il sosia turco di un dotto pri- gioniero schiavo veneziano ne assume sembianze e sapere. Chi è lo scrittore Orhan Pamuk, amato ed odiato, certa- mente perseguitato per la sua sete di «verità»? Sin da giovanissimo Orhan Pamuk, nato a Istanbul nel 1952, ha navigato tra i 1.500 libri della biblioteca di suo padre, erede di un’agiata famiglia e lui stesso imprenditore di alterne fortune con l’animo del poeta. Durante i suoi fre- quenti viaggi, molti a Parigi, Pamuk padre prendeva appun- ti, scriveva poesie, ascoltava gli amati scrittori francesi, acquistava libri e, sollecitando la fantasia del figlio, incon- sciamente forgiava lo scrittore. Orhan ricorda: «Quando divenni uno scrittore, non ho potuto mai dimenticare che era in parte grazie al fatto che ho avuto un padre che mi parlava degli scrittori del mondo molto più che di pascià o leader religiosi». O rhan Pamuk, che nei suoi romanzi spazia dalla realtà al sogno, ha vissuto un vero e proprio incubo nel dicembre 2005, quando fu costretto a comparire davanti al giudice di un tribunale turco con l’accusa «di ave- re offeso la turchità», poiché, come dichiara lo stesso scrit- tore, «in un’intervista per una rivista svizzera nel febbraio dello stesso anno ho detto che in Turchia sono stati uccisi 1 milione di armeni e 30 mila curdi. Ho detto anche che nel nostro paese non si parla di queste cose perché rappresen- tano un tabù. Mi riferivo a quello che è accaduto agli arme- ni ottomani a partire dal 1915... Alcuni giornali hanno dato il via a una campagna d’odio; alcuni editorialisti hanno det- to apertamente che era il momento di farmi tacere; gruppi di fanatici nazionalisti mi hanno insultato per le strade e hanno organizzato dimostrazioni; i miei libri e le mie foto- grafie sono stati bruciati». Pamuk ha rischiato tre anni di carcere ma, grazie anche al sostegno a livello internazionale, il processo è stato inter- rotto e le accuse sono state ritirate il 22 gennaio 2006. È stata, perciò, una splendida realtà vedere cento e più persone in coda per far firmare copie dei suoi libri a Orhan Pamuk, dopo una conferenza organizzata a Torino, giovedì 6 settembre 2007, dal Premio Grinzane Cavour nel bel cor- tile di palazzo Chiablese, conferenza a cui ha partecipato un pubblico di circa 400 persone. Durante tale conferenza Pamuk, con la consueta sincerità e chiarezza, ha sviscerato il suo rapporto amore-odio nei confronti dell’Occidente, ricordando come nei primi volumi del Diario di André Gide, premio Nobel per la letteratura 1947, «s’incontrano punte beffarde e irose scagliate contro la Turchia, da lui visitata nel 1914, dopo le guerre balcani- che». Eppure Gide è ammirato da tanti intellettuali turchi come Tanpinar, che prova «stupore» davanti al suo «disprez- zo per i turchi». Lo stesso Gide, però, ammira Dostoevskij che, nel suo Diario di uno scrittore parla «dell’ipocrisia francese, di come i grandi principi di questa terra siano svaniti, estinti di fron- te al denaro». Uno scrittore può, quindi, amarci o non amar- ci, ma ci attrae «per i mondi, i valori, la maestria». Pamuk sviscera i suoi sentimenti affermando: «Dalla fine- stra da cui mi pongo a osservare l’idea d’Europa o d’Occi- dente si manifesta appunto fra le ombre di quel rapporto. 70 MC FEBBRAIO 2008 Lo scrittore turco O RHAN P AMUK , premio Grinzane Cavour 2002 nella sezione Narrativa straniera e premio Nobel per la letteratura 2006, è stato portato davanti ai giudici per «avere offeso la turchità». leggendo & vedendo di Silvana Bottignole

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