Missioni Consolata - Dicembre 2006

I ' (lC24,~) DAllA 81881A LEPAROLE DELLA VITA i LA PARABOLA DEL «FIGLIOL PRODIGO» (5) IL MESTIERE DI D10: È IL PERDONO, ' SEMPRE E COMUNQUE «Getta sul Signore Htuo affanno ed egli ti darà sostegno» es.i ss/s4, 23) S e guardiamo attentamente i comportamenti dei due figli della parabola lucana, ci accorgiamo subito che ci svelano due figure speculari che si integrano e si illuminano a vicenda: l'uno mette in risalto la • figura dell'altro e tutti e due insieme fanno da sfondo e contrasto a quella del padre. AMORE SCONFINATO EINSUFFICIENTE Ma il padre, nonostante i suoi sforzi, non riesce a fare incontrare i due fratelli, che, stando alla parabola, non si riconciliano; non riesce a farli abbracciare e vede incrinata la gioia che aveva nel cuore, pregustando il sapore di una famiglia di nuovo riunlta e felice. La parabola, infatti, resta sospesa sull'atteggiamento del padre che è gioioso di avere recuperato il figlio che credeva morto; ma è atterri to dall'atteggiamento del (i. glio maggiore, che gli è sempre stato accanto, ma da estraneo, interessato solo alJ'eredità e geloso del fratello minore, di cui avrebbe preferito la morte. (;amore immenso del padre testa come un macigno tra i due fratelli; ma specialmente il maggiore non sa o non vuole approfittare del momento di grazia. Per essere capace cli amare, bisogna lasciarsi amare e perdersi tra le braccia di un amore gratuito. Il minore, schiaccialo dalla colpa, si lascia travolgere dall'amore del padre; iJ maggiore non può: è troppo pieno di sé e della , sua presunzione di essere sempre stato «il figlio buono». PER ECCESSO O PER O/FITTO Per ragioni diverse tutti.e due i figli hanno imposlato la vita attorno alla «roba•. lasciandosi abitare da falsi problemi o, peggio, •da cose.; nonsisono accorti che il tempo passava e il vuoto aumentava e tutti e due si allontanavano dal padre: uno andandosene lontano e l'altro re - stando in casa. Non basta stare fisicamente in una casa per essere famiglia; non è sufficiente essere in un gruppo per fare comunità. Famiglia e comunità sono eventi del cuore, scelte dell'anima, non meccanismi per risolvere i problemi personali. Si può stare insieme agli altri ed essere soli; fare folla senza condividere nulla. Si può vivere in una comunità una vita intera e restare isolati nel proprio egoismo. Se si dovesse dare una misura di colpevolezza, sarebbe difficile dire chi dei due figli sia più colpevole, almeno inizialmente, perché aJJa fine della parabola la colpa del figliò maggiore supera di gran lunga quella del figlio minore. 1due fratelli di sangue, ma non di anima, hanno un elemento in comune: di fronte alla scelta tra la vita e la morte, lutti e due hanno preferito la morte, il giovane scambiandola per la vita indipendente, il maggiore per grettezza ed egoismo. In loro si realizza aJJa lettera la parola della scrittura che dice: «Davanti agli uomini stanno la vita e la morte; a ognuno sarà dato ciò che a lui piacerà» (Sir 15.17; cf Dt 30,15.19; Ger 21,8). È sempre meglio non peccare; ma se uno pecca è preferibile c hi pecca per eccesso di colui che pecca per di - fetto. li primo pecca per errore di valutazione e comunque per amore debordante, anche se sbagliato; il secondo pecca per grettezza e insufficienza dJ anima, perché incatenato alla golosità del suo egoismo. DA ADAMO A DAVIDE Allargando lo sguardo alla scrittura nel suo complesso. vediamo che il comportamento dei due figli in Le non è una «sindrome• isolata, ma un 'epidemia che segna la storia della salvezza fin daUe origini. Già nel giardino di Eden, Adamo ed Eva si accusano a vicenda, scaricandosi addosso reciprocamente il bal,'ile delle proprie responsabilità e lutti e due «djsobbediscono» a Dio, loro padre (Gen 12,13), fino a nascondersi dalla sua presenza (Gen 3,10), con la conseguenza che sono cacciati «fuori• dal giardino della paternità (Gen 3,23-24). I.:esempio dei genitori cade a valanga: Caino e Abelearrivano fino aJJa morte per gelosia (Gen 4 ,8). Anche il primo omicidio si compie «nei campi•, fuori daJJa paternità. I fratelli di Giuseppe sono gelosi del fratello minore. che considerano un arrogante concorrente per l'eredità, e arrivano a concepire un fratricidio pur di disfarsene; ma poi ripiegano su aJtra soluzione: lo vendono a mercanti madianiti che lo portano «fuori• in terra straniera, in Egitto per venderlo come schiavo (Gen 27,28-29). Nella lotta per la successione a Isacco, il figlio minore Giacobbe riesce a ingannare il fratello Esaù, primogenito a cui la legge riconosce iJ diritto di crede (cf Gen 27). Tamar, l'incestuosa nuora di Giuda e antenata di Gesù (Mt 1,3), partorisce due figli, ma il secondo, Perez. già nel grembo materno soppianta il fratello Zerach, che avrebbe il diritto legale di essere il primogenilo (cfGen 38,27-30). Per la successione al trono del re Saul, tra otto fratelli, Dio non scegl ie il p rimogenito, il più prestante o appariscente, ma il giovane Davide, l'ultimogenilo, mite e innoMC DICEMBRE 2006 ■ 11

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