Missioni Consolata - Settembre 2006

DOSSIER ------------------------------------------------------ ----- - Carro armato russo, ricordo dei 1O anni di guerra nel territorio afghano. Ragazzo con il padre mujahedeen, combattente con l'Alleanza del Nord. cerie dagli attacchi di Gulbuddin Hekmatyar, armato dal Pakistan e dagli Usa, resisteva. Occorreva trovare un'altra soluzione, che non si fece attendere. Nel sud del paese esisteva da tempo un movimento di studenti delle madrase islamiche , i cosiddetti taleban (da taleb, studente), di etnia pashtun, che avevano già dato prova di abilità militare, conquistando la città di Kandahar alla fine del 1994. Per il Pakistan rappresentavano una valida alternativa all'impasse della lotta interna dei mujahedeen, mentre la Casa Bianca li allevava in funzione anti - Rabbani. Una delegazione taleban giunse anche negli Stati Uniti per discutere sul futuro governo afghano e i loro rappresentanti ebbero colloqui con i dirigenti della Unocal, la compagnia petrolifera Usa che aveva vinto l'appalto per l'oleodotto, sconfiggendo i concorrenti argentini della Bribas. Dapprima il principale finanziatore dei taleban fu il petroliere saudita Turki bin Faisal (in ottimi rapporti con Osama bin Laden), attratto dalla prospettiva dell'oleodotto; ma verso la metà del 1996, l'impasse militare cui Massud costrinse gli studenti islamici, convinse bin Faisal a chiudere i rubinetti verso l'Afghanistan. E nell'agosto 1996 a Faisal subentrò Osama bin Laden, che accettò di prendersi cura del movimento, il quale, da quel momento, non ebbe più l'appoggio della Casa Bianca. Il 27 settembre 1996, i 3 milioni di dollari concessi da bin Laden ottennero i loro frutti: Kabul, oramai distrutta da 4 anni di guerra civile, cadde nelle mani degli studenti islamici. Massud e Rabbani si ritirarono al nord, dove vive la maggioranza dell'etnia tajika, controllando il 15% del territorio. I taleban, dal canto loro, ricostruirono la società modellandola su leggi coraniche. La vita degli afghani venne scandita dai proclami del Ministero della Promozione e della Virtù, il quale si assicurava che tutti gli aspetti del vivere quotidiano fossero coerenti con le affermazioni del Corano. «BUONI» E «CATTIVI» Al tempo stesso questo stereotipo che dipingeva i taleban come dei rozzi trogloditi invasati di Dio (o «drogati» di religione, riferendo la famosa frase di Marx), veniva a cadere una volta che ci si allontanava dalla città. Come accade nei regimi assolutistici, la capitale rappresenta la vetrina dell'ideologia di regime che si vuole offrire al mondo e il dogmatismo teocratico dell'Emirato islamico, a Kabul, diviene legge assoluta. Eppure, almeno al sud, tra le popolazioni pashtun gli studenti trovavano ampi consensi e, ancora oggi, la conquista di Kabul da parte delle forze dell'Alleanza, non ha risolto le questioni aperte da anni: la profonda divisione etnica che separa le varie componenti della nazione, la facilità con cui i diversi comandanti militari cambiano campo da un giorno all'altro, il vivo ricordo delle violazioni dei diritti umani e degli stupri commessi dai militari di Massud su donne e bambine, pende come una spada di Damocle sulla pax afghana. I media hanno mostrato una . guerra i cui contendenti sono sempre stati divisi da una linea netta: da una parte i «buoni» (l'Alleanza settentrionale), dall'altra i «cattivi» (i taleban), conniventi col terrorismo, odiati dal popolo e dalle donne, barbari incivili che hanno riportato la società ai tempi del medioevo. La realtà è assai diversa; non esistono «buoni», non esistono «cattivi». Ci sono solo afghani che devono fare i conti con la loro storia, la loro cultura, la loro tradizione. Ed è anche per questo che le donne, pur nella loro libertà, continueranno a portare il burqa. ■ I • ·-------------------------------------------------------------------- 32 ■ MC SETTEMBRE 2006

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