Missioni Consolata - Settembre 2006

' MISSIONI CONSOLATA Formicolio al porto fluviale di Mopti, vicino al mercato. Da qui partono le piroghe per tutto il Mali. Sotto: anziano di etnia Dogon. RIVENDICAZIONI CHE RITORNANO I nuovi (ma vecchi) ribelli chiedono di essere reintegrati nell'esercito, ma senza carichi penali e, soprattutto, lo statuto speciale per la regione di Kidal, che già gode di una certa autonomia (è l'unica delle otto regioni del Mali ad avere un governatore eletto e non nominato dal governo). Questo vorrebbe dire una gestione fiscale autonoma e un miglioramento dell'accesso al voto (cosa non semplice, visto che qui si vive in poche famiglie ' disperse tra le dune).Att sa che se Ki- ' dal ottenesse l'autonomia la reclamerebbero anche le altre due regioni del nord:Gao eTimbuctù.Equesto è un forte rischio per l'integrità nazionale. «In effetti se dividessimo il Mali all'altezza di Mopti dove c'è una specie di strozzatura sulla carta geografica - confida un osservatore internazionale- otterremmo due paesi molto diversi. Uno sahariano,desertico e l'altro saheliano - sudanese». Capita,di questi tempi,di incontrare sul volo Bamako - Parigi energumeni un po' grezzi,con i volti bruciati dal sole e i calzoncini corti.Parlano solo inglese, con un forte accento australiano.Non è un caso:da quando si è scoperto il petrolio in Mauritania (il primo grosso giacimento nel 2001), una mezza dozzina di compagnie petrolifere (canadesi, malesi, sud africane e soprattutto australiane) stanno investendo milioni di dollari per setacciare 800.000 chilometri quadrati di deserto maliano, prontamente diviso in lotti e dato in concessione dal governo.Con il prezzo attuale del barile di greggio le ricerche sono economicamente giustificate. Le analisi preliminari danno indici positivi, dicono gli esperti, ma al momento non ci sono certezze. Ecco perché Att, du- .rante la sua visita aTimbuctù ha detto: «Se il petrolio sarà trovato apparterrà alla nazione intera». Di dividersi quindi, non se ne parla. LA RISPOSTA DI ATT Lenta, ma solida, la risposta agli attacchi di maggio. In tre giorni blindati e truppe dell'esercito regolare sono ■■ ■■ ■■■ arrivate a Gao, Kidal, Menaka. «Intorno a Gao c'è un cordone di blindati, mentre è sconsigliato,dallo stesso governatore, muoversi al di fuori della città»ci conferma una fonte sul posto. I ribelli sono fuggiti, portandosi via molte 4x4 rubate a servizi statali e a privati, e una buona quantità di armi leggere. «Il forte rischio è la militarizzazione del nord - continua - già in atto che ha come conseguenza certa il dilagare del banditfsmo». La gente del nord ha lasciato le città all'arrivo dell'esercito regolare (in questo caso composto prevalentemente da etnie del sud) per il timore di ritorsioni come quelle della precedente guerra, quando si era scatenata una vera caccia al tamasheq. Le popolazioni sono poi rientrate, vista la situazione calma ma permane la tensione. li rischio di frizioni etn iche è comunque reale. Anche in seno all'esercito,composto da neri e da «pelle rossa»(come sono chiamati i tuareg, dalle popolazioni del sud, a causa della loro carnagione più chiara), che non si possono sopportare. Nel resto del paese la gente vede l'ennesima ribellione come un continuo chiedere senza in realtà alcun desiderio di integrarsi nella società maliana, di far parte della nazione. Ma la maggior parte dei tamasheq del nord hanno capito che la guerra non è la via giusta.Molti ex capi della ribellione di dieci anni fa preferiscono oggi la politica, che grazie al decentramento ha visto eleggere sindaci e consiglieri comunali tra le grandi famiglie della zona. . La società civile di Gao eTimbuctù MC SETTEMBRE 2006 ■ 25

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