Missioni Consolata - Luglio/Agosto 2006

MISSIONI CONSOLATA no essenzialmente tra cinesi (76%), malay (13,9%) e indiani (7,9%), ma ognuno di questi gruppi propone varianti linguistiche e religiose che spezzettano ulteriormente il mosaico sociale. Nelle edicole, tra le strade, nei cinema, nei ristoranti, si mischia teochew, mandarino, inglese, hokkien, cantonese,ma/ay,tami/,mentre le litanie buddiste, islamiche, taoiste, hindu e cristiane si intrecciano tra loro nei luoghi di culto.Ma l'equilibrio multietnico è tanto difficile a creare quanto facile asbilanciare. «Singapore è una società multietnica e non possiamo permettere che le diverse razze che la compongono lottino tra loro - afferma la suora canossiana Janet Wang, una delle persone più informate e impegnate sulla realtà del Paese-. Quello che tutti noi siamo riusciti a costruire, è qualcosa di meraviglioso: razze di diverse etnie, tradizioni, culture, religioni, lingue, si sono riunite e convivono pacificamente». La paura di un equilibrio funambolico, ha però sclerotizzato il sistema, come arguisce Sinapan Samydorai, del Think Centre, un gruppo di studio che promuove il multipartitismo e una maggiore apertura politica:«Non è solo questione di libertà civili: il governo considera ogni cosa che può costare la stabilità del sistema sociale, politico ed economico come una minaccia per l'esistenza stessa di Singapore. Ha quindi sempre cercato di eliminare o sedare rivolte sociali e chi le fomentava. Per questo la gente ancora oggi ha pau- ■■ ■■ ■■■ Parata militare nella festa nazionale. radi parlare. Eun popolo che ha paura di parlare non è creativo. L'economia di Singapore risente di questa mancanza d'immaginazione». IN DIFESA DEGLI SFRUTTATI La fobia del comunismo e delle tensioni razziali, ha portato i leaders della nazione a sospettare di chiunque difendesse i diritti dei più deboli, giungendo nel 1989 ad accusare la chiesa cattolica stessa di essere portavoce di istanze marxiste. «La chiesa di Singapore ha sempre lavorato con quelli che in Italia chiamate"sfruttati" - afferma suor Janete fino a che si limita asvolgere lavoro pastorale, non ha alcun problema, ma quando invade il campo della giustizia, del sociale, dei diritti, allora ecco che il governo si mette in allarme». Non per questo, comunque, la chiesa locale ha rinunciato al suo impegno sociale,dimostrando anche ai governanti più scettici la validità·dei suoi progetti e,soprattutto, guadagnandosi la loro fiducia.Lee Hsien Loong è stato educato in scuole cattoliche, mentre lo stesso ministro della Pubblica istruzione ha recentemente elogiato il lavoro svolto dalle scuole cristiane nel proporre alle nuove generazioni quei valori che colmino quel vuoto creato dall'eccessivo consumismo e materialismo. Già, perché la Singapore più conosciuta,quella dei luccicanti centri commerciali e parchi di divertimento, ne cela un'altra meno pubblicizzata, ma non meno reale. Nelle zone più periferiche della città, i palazzoni dell ' Housing Development Board nascondono sacche di povertà e di emarginazione che alimentano la crescente microcriminalità. «Non siamo a livelli europei o nordamericani, ma anche qui aSingapore abbiamo le nostre bande giovanili, formate soprattutto da adolescenti che la società ha escluso, in parte per la crisi economica, in parte perché essi stessi hanno rifiutato le regole che venivano loro imposte» rivela suor Gerard del convento del Buon Pastore, che assiste i detenuti cattolici nella prigione di Changi. La crisi economica del dopo 11 settembre,a Singapore si è ripercossa nel campo edilizio, un settore dove trovano occupazione la maggior parte dei lavoratori immigrati: una volta persa la fonte del loro reddito, essi acquisiscono automaticamente lo stato di illegalità. Per questi disoccupati particolarmente disagiati, le organizzazioni sociali,sia religiose che laiche, hanno istituito centri di ascolto e di aiuto che cercano,con ogni mezzo a loro disposizione,di ridare fiducia e sostentamento a chi è in condizioni di bisogno. «Ma la paura di uscire allo scoperto, la mancanza di personale,di strutture e, non ultima, la differenza di credo, riducono di molto le potenzialità di questi progetti»mi confida Maya, una volontaria che lavora al Catholic Welfare Centre di Waterloo MC LUGLIO-AGOSTO 2006 ■ 51

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