Missioni Consolata - Luglio/Agosto 2006

■ SPAGNA Per prima cosa ho dovuto imparare agestire i mezzi di trasporto:fermate fisse, orari fissi, divieti di sovraccarico di gente:tutte cose inesistenti nei servizi di trasporto ecuadoriani. Per non parlare della metropolitana, le cui mappe rappresentavano per me soltanto un intreccio di linee colorate,zeppe di simboli di cui non conoscevo il significato. Ben presto ho scoperto che l'affitto in questa città è molto caro; per questo la mia amica, i suoi figli e io abitavamo tutti in una stanza. L'altro locale del mini appartamento era affittato da un'altra coppia di immigrati. Tutto era in comune;ognuno aveva il suo spazio riservato nel frigo, nella dispensa e ciascuno si arrangiava nel preparare i propri pasti. Quante volte, incontrandomi con altri immigrati, ho dovuto ascoltare storie sulla difficoltà di vivere ammucchiati, dormire per terra e dover pagare anche per un bicchiere di acqua! In alcuni casi erano proprio i nostri connazionali ad approfittarsi della situazione di bisogno, anche se va detto, questo non è stato il mio caso. Il fatto di condividere in più famiglie uno stesso alloggio rappresenta una vera awentura:da una parte si ha la possibilità di conoscere persone diverse,con le loro abitudini ed esperienze,di non sentirsi troppo soli. Si perde però la propria intimità, non si ha uno spazio personale; non si riesce a riposare bene equello che al principio può sembrare un'awentura persino divertente si converte ben presto in seri problemi di convivenza.Questo tipo dico-abitazione «forzata»mi ha aiutata a vincere la solitudine, ma nello stesso tempo ha fatto ■ ■■ ■■ ■■■ emergere la nostalgia per le relazioni che sono state recise nel momento in cui ho dovuto lasciare l'Ecuador per venire a vivere qui. Insomma, i primi tempi mi sentivo come una pecorella smarrita; non riuscivo neppure aentrare in sintonia con una comunità parrocchiale. Entravo e uscivo da una e dall'altra chiesa, tentando ogni volta di risollevare il mio spirito e cercando di incontrare nelle celebrazioni una qualche somiglianza con quelle che vivevo in Ecuador. Sono rimasta sorpresa nel vedere così poche persone (per la maggior parte anziane) partecipare alla messa. La liturgia mancava di animazione e il ricordo della mia parrocchia d'origine mi riempiva di tristezza; più di una volta mi sono messa a piangere. Dovettero passare tre anni prima che potessi ritornare finalmente all'«ovile»: adesso faccio parte di una comunità cristiana che vive ecelebra cercando di riscattare le tradizioni della chiesa latinoamericana, partecipan1 do anche della ricchezza di quelle della Spagna. I PRIMI PASSI Avevo voglia di lavorare e mi misi subito alla ricerca di un impiego; iniziai a pubblicare annunci di lavoro in un quotidiano della capitale.Fermate di mezzi pubblici,centri commerciali e consultori si trasformarono in altrettanti punti di riferimento per lasciare bigliettini che dicevano: «Ragazza seria e responsabile si offre per lavorare come balia, badante o persona delle pulizie». Ai colloqui di lavoro andavo sempre accompagnata dalla mia amica, che mi elargiva consigli per l'eventuale impiego, visto che alcuni colloqui potevano nascondere proposte indecenti o contratti capestro, con paghe infime e senza giorno libero. Impiegai tre mesi per trovare occupazione. Non conoscevo ancora nulla della Spagna:abitudini, modo di mangiare, ritmo di lavoro; perfino . certe espressioni nel parlare, tipicamente spagnole, mi erano del tutto sconosciute. Devo ringraziare una famiglia,che, conoscendo un po' la realtà latinoamericana, insieme al lavoro mi offrì l'opportunità di imparare a condividere il loro modo di vivere. Con il lavoro ho appreso nuovi termini per definire i vari utensili per le pulizie della casa,che da noi hanno tutti altri nomi; ho imparato adistinguere la miriade di saponi edetersivi: quello per i vetri e l'altro per i pavimenti, l'uno per vestiti e l'altro per lavastoviglie,e ancora quello per lavare le stoviglie amano... In Ecuador è più semplice: un solo sapone funziona bene per tutto. Per non parlare degli elettrodomestici che ho dovuto imparare amaneggiare:vétroceramica, minipimer, microonde... tutte cose di cui ignoravo completamente l'esistenza. Naturalmente ho dovuto imparare a preparare il cibo alla spagnola. Ma ciò che più mi ha impressionato è l'attenzione che gli spagnoli hanno Sotto, a sinistra, immigrati davanti al Ministero del lavoro; a destra, bigliettini con offerte e richieste di lavoro. Nella pagina accanto, musicista africano per una strada di Madrid. (Sii;~ ) L.......,_ -':\..~--:,; "l.. - ..,~ ➔ ~aa,-J,.. : tfl&(. I ➔fl.b.~-- 4..vJc,-.."- . ~--------------------------------------------------------------------------------------------- 48 ■ MC LUGUO-AGOSTO 2006

RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=