Missioni Consolata - Giugno 2006

■ BOSNIA in ogni conflitto; ricercano gli stili risolutivi, provano a immaginarne una trasformazione costruttiva. In tale approccio perde di valore il confronto vincere/perdere. Si evidenzia la capacità di promuovere rapporti di collaborazione nelle diversità, il dialogo, il riconoscimento reciproco, l'ascolto e partecipazione. Con tali tecniche,si scopre che il conflitto ha un connotato positivo, poiché è occasione di incontro tra bisogni, interessi, visioni opposte e apparentemente inconciliabili. Fondamentali sono le modalità con le quali lo si gestisce e risolve. Sopra ea destra: una formatrice dà lezione a un gruppo di giovani sui conflitti etnici. 112003 è pure l'anno della fondazione della scuola di pace «Fabio Moreni» (volontario di Cremona, ucciso il 29 maggio 1993 presso Gornj Vakuf, insieme a Sergio Lana e Fabio Puletti,componenti un convoglio umanitario).Tale scuola è formata dai ragazzi e i direttori didattici delle scuole bosniache, che accolgono il gruppo per farlo lavorare,e dagli italiani,che nel frattempo hanno costituito allo scopo l'associazione di volontariato «Iniziative spontanee di solidarietà fra i popoli» (lssp). «L'originalità del progetto sta nel voler "costruire" ambasciatori di pa64 ■ MC GIUGNO 2006 ■ ·■ ■ ■ ■ ■ ■ ■ ce, partendo da candidati che portano ancora addosso le conseguenze tragiche di quegli eventi - spièga Furgada -, non quindi bravi funzionari, maestri della teoria come potremmo al limite diventare noi, ma veri attori, capaci di recitare la loro parte nelle trame che portano alla risoluzione delle divisioni fra popoli. Questi ragazzi stanno superando in concreto le barriere che altri hanno costruito per loro». La creazione della scuola porta in sé un significato più ampio, il direttore della scuola di Petrovo,Jovo Jovovic, quando accompagnò il gruppo nella prima visita a Cremona,affermò: «L'esempio portato da questa esperienza contribuisce a frantumare il muro eretto dalla guerra». «Èun modo per rendere i ragazzi consapevoli delle possibilità di pace che dimorano dentro di loro. Ai loro genitori va il merito di aver staccato la corrente che li legava in modo quasi indelebile al passato e a quello dei loro genitori per dare ai ragazzi questa possibilità che sapevano bene di non aver mai avuto» continua Furgada. Durante i corsi di formazione a Cremona e poi nel gennaio 2004 in Bosnia, i ragazzi elaborano e maturano i concetti acquisiti attraverso giochi, simulazioni, rappresentazioni teatrali. «Quando scoppiò la guerra avevo quattro anni - dice Jelica, di origine serba, in un'esercitazione in cui doveva scrivere una lettera ad un amico israeliano - e non I r I Al l '!W101J! .. '' ",,-,..,. ' sapevo neanche il significato della parola. Mi limitavo a chiedere che cos'è la guerra. Èstato orribile crescere in quegli anni. Il brutto è che ben presto finisci per abituarti alla violenza, che diventa un qualcosa di normale nella vita di ogni giorno. Non capivo perché non mi era permesso di uscire dalla mia casa.Se devo proprio imparare una lezione da quei giorni terribili del mio passato,allora vorrei usarla per chiedere di pensare a ' ciò che ti sta succedendo. Davvero vuoi la guerra? Immagina di vedere te stesso nelle condizioni dell'altro e ti accorgerai di come può pensarla lui». Sheila, musulmana, scrive ad un amico palestinese: «Noi,che abbiamo sofferto le conseguenze della guerra, dobbiamo essere in grado di indicare una nuova via di pace.Cerca di parlare con la tua gente, cerca di persuaderla a tentare di cambiare il loro approccio ai problemi,di smetterla di gridarsi contro. Fa' in modo che considerino le loro pretese nei confronti degli altri con rispetto e forse allora potremmo trovare la via verso la risoluzione». Sheila sfuggì con la famiglia alla pulizia etnica che travolse Olovo, piccolo paese perso tra le montagne sulla via che da Sarajevo porta aTuzia. Sostarono un anno in un campo profughi viéino ad Orahovica;ora il padre è riuscito a trovare un lavoro e a costruire, nel paese di adozione, una piccola casa.

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