La popolazione del Chiapas continua a vivere una situazione di occupazione militare «in almeno 73 comunità indigene dell'area zapatista, senza che sia stata fatta giustizia per le vittime dello sfollamento forzato, omicidi e sparizioni»; lo ha detto il vescovo emerito della diocesi di San Crist6bal de Los Casas, mons. Samuel Ruiz, in una lettera inviata al ministro degli Interni Carlos Abascal. Già mediatore nel processo di pace tra il governo e l'Esercito zapatista di liberazione nazionale (Ezln), mons. Ruiz ha sottolineato che il Messico «vive uno stato d'emergenza di fatto, con restrizioni alla libera circolazione, disposte dall'ex-presidente Ernesto Zedillo 11 anni fa». Nei giorni scorsi il ministro Abascal aveva giudicato conclusa la crisi del Chiapas, sostenendo che le circostanze che portarono al sollevamento in armi dell'Ezln nel 1994 sarebbero ormai superate. Dichiarazioni che non trovano conferma in quanto dichiarato a fine febbraio da Luis H. Alvarez, commissario per la pace in Chiapas, secondo cui «il conflitto non si risolverà in tempi brevi, perché la sua origine è la povertà che riguarda non solo la regione, ma tutto il paese». {Misna) Creare un fondo speciale internazionale per la Repubblica Democratica del Congo e un tribunale penale internazionale che giudichi i crimini commessi nel paese durante la guerra iniziata nel 1996: è la proposta dell'arcivescovo di Kisangani, mons. Laurent Monsengwo Pasinya, in occasione della recente visita del segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, nella capitale della provincia Orientale, nel nord del paese. Avanzato qualche giorno fa, ma divulgato solo oggi, il suggerimento del presule, che è anche presidente 8 ■ MC MAGGIO 2006 La Chiesa d nel mon O della Conferenza episcopale del Congo, giunge in un periodo delicato per il paese, impegnato nel processo elettorale che a luglio porterà alle elezioni generali. Il fondo speciale servirebbe a ricostruire il paese dopo i danni subiti a partire dalla guerra interna del 1996, che portò al potere LaurentDésiré Kabila al posto di Mobutu, e poi durante il conflitto definito «guerra mondiale africana», iniziato nel 1998 con l'invasione del Congo da parte dei paesi limitrofi e conclusosi ufficialmente nel 2003 . «Per esser giusti, le persone che hanno condotto la guerra, quali che siano, dovrebbero risarcire il Congo di tutti i panni subiti .. . Chi distrugge, paga. E normale» ha dichiarato l'arcivescovo a Radio Opaki (emittente della missione Onu nel paese, Monuc), considerando ingiusto che «le popolazioni congolesi paghino ancora di tasca propria per le devastazioni commesse da altre persone». Mons. Monsengwo ha poi sottolineato che, d'altro canto, «è ben noto che molto spesso i congolesi sono solo stati dei prestanome di quanti hanno attaccato il nostro paese». UNA CHIESA IN CRESCITA {Misna) L/ unico vescovo cattolico della Mongolia riconosce che la maggiore apertura del paese verso la democrazia sta concedendo nuovi spazi alla chiesa. «Quando i primi missionari cattolici, un belga e due filippini, sono arrivati in Mongolia nel 1992, praticamente nessuno aveva mai sentito parlare di Gesù in questo paese», ha spiegato mons. Wenceslao Padilla, della Congregazione del Cuore Immacolato di Maria, in alcune dichiarazioni concesse visitando la sede di «Aiuto alla chiesa che soffre». Il vescovo, che guida la chiesa cottoli- 1 ca in Mongolia, ha proseguito spiegando: «Nel frattempo, abbiamo fondato 3 parrocchie per i 300 cattolici mongoli battezzati . Ora che il governo sta compiendo passi verso la democrazia, inoltre, ci sono molte speranze per la chiesa cattolica di questo vasto paese. Quest'anno prevediamo di celebrare tra 80 e 100 nuovi battesimi». Il vescovo Padilla, filippino, ha segnalato che nonostante la «forte influenza che esercitano le nazioni industrializzate come il Giappone e Corea del Sud», il livello di vita medio «continua ad essere molto basso, e praticamente tutte le famiglie mongole hanno un membro che lavora all'estero. Il governo permette l'educazione cattolica e ci ha anche chiesto aiuto nei settori educativo e sociale. Nell'evangelizzazione, tuttavia, serve molta pazienza». Attualmente lavorano in Mongolia 56 missionari (tra cui i missionari e missionarie della Consolata ndr) di 14 paesi africani, asiatici, europei e latinoamericani . (Zenit) ASIA: INCONTRO PRETI FIDEI DONUM S i è svolto all'inizio di marzo, a « Chiang-Mai in Thailandia, l'incontro dei missionari Fidei Donum italiani presenti in Asia e Oceania, che si inserisce nel quadro delle iniziative promosse per celebrare il 50° anniversario della pubblicazione dell'enciclica di papa Pio Xli «Fidei Donum» (21 aprile 1957) . Dopo l'incontro dei Fidei Donum in America Latina (30 gennaio/3 febbraio 2006), l'Ufficio nazionale per la Cooperazione Missionaria della Conferenza episcopale italiana (Cei) ha promosso ora l'incontro dei sacerdoti Fidei Donum italiani in servizio in Asia e Oceania, cui seguirà quello dedicato all'Africa,
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