Missioni Consolata - Maggio 2006

■ REPUBBLICA DOMINICANA ■■ ■■ ■■■■ \ contrato uno degli uomini più ricchi dell'isola, il simpatico figlio (il primo di cinque) di un pizzaiolo napoletano che scelse la terra dominicana per riunire la famiglia, non potendo farlo negli Stati Uniti per i vincoli posti dalla legge sull'immigrazione: ricordando i tempi difficili,a Natale fanno in modo che sia festa anche per qualcun altro. Sempre Burzatta ci ha fatto incontrare un romagnolo con una casa da film:fra luglio e agosto l'ha trasformata in scuola d'italiano per i figli dei connazionali,con la speranza di riuscire a passare dalla fase sperimentale all'insegnamento legalmente riconosciuto:è una persona intraprendente,con interessi nei settori alberghiero e commerciale, grande senso del proprio successo, peccato abbia ripetuto l'invito a pranzo ammiccando un «non preoccupatevi del conto, perché è tutto pagato da me». Bambini frugano nella discarica. Scarpe appese ai fili della luce, a ricordo di una vita stroncata dalla violenza sulla strada. Bambini nella Canada: quartiere-fogna di Santo Domingo. Tornando ai piani bassi,quelli che francamente ci interessano di più,abbiamo conosciuto la storia di Mamà Tingò, Donna Coraggio, che 30 anni fa non ebbe paura di sfidare i terratenientes che si erano impadroniti delle terre da sempre appartenute ai campesinos, che le lavoravano ricavandone ap- ' pena di che vivere: la uccisero da- ~---------------------------- 22 ■ MC MAGGIO 2006 vanti a testimoni,senza preoccuparsi delle conseguenze. Un sacrificio che purtroppo non è servito: nessuno dei campesinos ha conservato la propria terra; Mamà Tingò non ha avuto nemmeno un monumento dignitoso. Una storia triste. Del resto è difficile trovare storie a lieto fine cercando fra i disperati. Per esempio, finiscono male,ogni anno,250 ragazzi del Guaricano, risucchiati dalla vita di strada e morti di morte violenta. Uno ogni 36 ore resta vittima di un tiroteo con la polizia,ci racconta Francesco Zannini, volontario della Missione diocesana di Genova:«A volte perché lo scontro a fuoco aveva qualche motivo,a volte perché in certi posti basta non rispettare uno stop e si finisce ammazzati». In questi casi la strada viene disseminata di candele accese e le scarpe del morto vengono appese ai fili della luce,comeaquilonifiniti male: nel linguaggio del barrio, è il segno che lì è stato compiuto un sopruso. È vita quotidiana. «Qui manca qualunque possibilità,ecco perché si vive nella violenza» ci dice il farmacista, mentre sistema grossi lucchetti alle saracinesche della sua tienda. Oltre la cinquantina, brizzolato, occhiali con la montatura in metallo, modi gentili, accompagnato dalla moglie, una signora elegante, dalla cinta dei pantaloni gli spunta il calcio di una pistola:«! delinquenti sono armati,dobbiamo esserlo anche noi:se vedono la pistola ti lasciano stare,altrimenti ti rapinano,ecco perché qui tutti girano armati».La sua,dice,non ha mai sparato. I n questa città disordinata e dalle contraddizioni sociali in piena evidenza, dove viadotti mozzafiato nascondono alla vista la sterminata baraccopoli cresciuta lungo il fiume,

RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=