Missioni Consolata - Aprile 2006

Come sta Fatou? La vita che volge al termine (1) : l'accanimento terapeutico .....•......•............•.....................................•.........•......•..•....•..........•...............•.. PRIMA IL MALATO Quando inizia l'abuso diagnostico e terapeutico? Farmaci e strumenti terapeutici non possono far dimenticare che esiste un principio di «proporzionalità delle cure». Perché l'obiettivo primario dovrebbe sempre essere il benessere della persona malata, incluso il suo diritto a morire con dignità. di Enrico Larghero, medico Abbandono e accanimento terapeutico: due espressioni che riflettono uno stesso atteggiamento della scienza nei confronti del paziente critico, un tempo definito impropriamente «terminale». Le attuali conoscenze della medicina (tecniche di rianimazione e terapia intensiva, circolazione extracorporea, dialisi, chirurgia avanzata) consentono di curare malattie fino a poco tempo fa ritenute inguaribili. Il risultato positivo è stato un'aumentata aspettativa di vita, il rischio reale è quello di un eccesso, di un abuso terapeutico, cioè mettere in atto terapie indipendentemente dal risultato atteso. Il problema dell'accanimento si è presentato nel momento in cui il medico ha avuto a disposizione delle armi estremamente efficaci , ma anche potenzialmente sproporzionate alle reali necessità dei malati. L'attuale disponibilità di farmaci e di sofisticati strumenti terapeutici impone di definire il limite al loro uso, poiché non è sempre lecito fare tutto ciò che la scienza mette a nostra disposizione. Esauriente a tale riguardo il Codice di deontologia medica, nel quale all 'art.13 si definisce l'accanimento 58 • MC APRILE 2006 terapeutico come: < l'ostinazione in trattamenti da cui non si possa fondatamente attendere un beneficio per il paziente o un miglioramento della qualità della vita». Si è quindi in presenza di accanimento quando si vuole prolungare la vita con ogni mezzo senza che ci sia una speranza concreta di guarigione. MALATO E MALATTIA L'accanimento terapeutico riconosce numerose cause. In primis, la negazione della morte, la disumanizzazione dell'assistenza sanitaria, unita alla cieca fiducia nella tecnica e nella scienza possono condurre ad un dispiego esagerato, ostinato e inutile di presidi terapeutici fino a che l'avvicinarsi ineluttabile della morte stessa, la ridotta qualità della vita o la crescita dei costi determinano l'abbandono del malato. L'approccio specialistico-multidisciplinare è un altro fattore che alimenta il rischio di accanimento. Il sapere odierno confida nella ultraspecializzazione per debellare molte malattie. In effetti, grazie alle competenze settoriali, sono nate, ad esempio, la chirurgia dei trapianti, la cardiochirurgia, la neurochirurgia. Nel contempo però la frammentazione in branche della medicina comporta il rischio di un'attenzione rivolta esclusivamente alla malattia e non al malato. Questi rischia di essere trattato come un oggetto, di essere analizzato unicamente per i processi patologici che lo affliggono. L'obiettivo primario non è più il benessere della persona, ma la sconfitta della sua malattia. Il nuovo modello del rapporto medico-paziente, di natura contrattualistica, può portare talvolta il personale sanitario ad attuare terapie anche inutili, pur di non essere accusato dai parenti di omissioni o negligenze. La medicalizzazione dell 'esistenza passa anche attraverso questi percorsi ... SCIENZA E COSCIENZA La distinzione introdotta da Pio Xli tra mezzi ordinari e straordinari per la valutazione dell'appropriatezza delle cure ha avuto ampio successo anche presso la cultura laica. Secondo il magistero papale, gli sforzi compiuti per salvare una vita o prolungarne l'esistenza possono essere eticamente e lecitamente tralasciati quando assumono un carattere di straordinarietà. La distinzione intende separare gli interventi ritenuti necessari, obbligatori e quindi ordinari da quelli eccezionali, straordinari. Tuttavia, quest'ultimo criterio si è rivelato di difficile applicazione. Mezzi un tempo considerati «eroici» sono oggi pratica quotidiana e routinaria. Terapie ritenute eccezionali possono rivelarsi utili e doverose; al contrario la più semplice e collaudata delle cure può, in particolari casi, dimostrarsi inutile. Ad esempio, la trasfusione di sangue, metodica certamente non eccezionale, praticata ad un paziente in agonia può configurarsi come un atteggiamento di accanimento terapeutico. Lo stesso può dirsi di un antibiotico che, cura ordinaria per trattare una polmonite, non lo è più quando si tratta di un paziente in coma

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