Missioni Consolata - Aprile 2006

DOSSIER PREPARAZIONE PER L'ETIOPIA Ordinato sacerdote aVercelli nell'anno1832, ultimata la sua formazione scolastica e religiosa nel convento di Moncalieri-Testona, fra' Guglielmo da Piovà ricoprì per due anni (1834-1836) l'ufficio di cappellano dell'ospedale Mauriziano di Torino. Quindi, per l O anni insegnò filosofia e teologia nel convento di Moncalieri e poi in quello del Monte dei Cappuccini (1836-1846). Fu un periodo di profonde esperienze, che tornarono utili nella 42 • MC APRILE 2006 Il cardinal Guglielmo Massaia, con il suo leggendario bastone. Sotto, Agostino De Jacobis (18391860), entrato clandestinamente in Etiopia nel1839, evangelizzò le regioni dell'Eritrea eTigray, cercò di attirare gli ortodossi nella comunione con Roma, conservando lingua, riti e legislazione orientali. sua missione in Etiopia. Strinse amicizie con altri santi piemontesi e importanti personalità del tempo. Prima di tutto con Giuseppe Benedetto Cottolengo, di cui fu saltuariamente consigliere e confessore. Un'amicizia mai dimenticata; nelle sue memorie parlando di «certi tipi apostolici d'Europa», ricorda con ammirazione: «Il Cottolengo in Torino da me conosciuto». La funzione di cappellano estivo di casa Savoia gli permise di conoscere la regina Maria Teresa, suo marito Carlo Alberto, i principi Vittorio Emanuele 11, futuro re d'Italia, e Ferdinando duca di Genova. Fu direttore spirituale di Silvio Pellico, reduce dallo Spilberg; segretario e bibliotecario della marchesa Giulia Colbert di Barolo. Nello stesso periodo incontrò Gaspare Boccardo, padre del beato Giovanni Maria e del canonico Luigi Boccardo. Le conoscenze di medicina acquistate al Mauriziano gli permetteranno di preparare lui stesso il ' vaccino del vaiolo e di salvare molta gente. l contatti, poi, con la casa reale di Savoia risulteranno utili quando il re Menelik 11 gli rich iederà il servizio di segretario e intermediario con il re d'Italia. 1126 aprile 1846 Gregorio XVI istituì il Vicariato apostolico degli Oromo in Alta Etiopia, sancito con un breve del 4 maggio seguente; sei giorni dopo, con altri due brevi, affida il vicariato al Massaia, che, il 24 dello stesso mese, fu consacrato vescovo a Roma in San Carlo al Corso. Lasciò l'Italia il 4 giugno 1846, intraprendendo un'awentura missionaria segnata da croci e sofferenze inaudite: 8 traversate del Mediterraneo, 12 del Mar Rosso, 4 pellegrinaggi in Terra Santa; 4 assalti all'impenetrabile fortezza abissina dal Mar Rosso, dall'Oceano Indiano e dal Sudan; 4 esili, altrettante prigionie e 18 rischi di morte costituirono il bilancio della sua leggendaria missione, che lo annovera fra i più grandi apostoli della chiesa. BASTONE ccGLORIOSOn A Frascati, accanto alla tomba di Guglielmo Massaia, un piccolo museo custodisce i ricordi del grande missionario, tra cui il bastone, tagliato dagli ulivi del giardino del Getr semani, compagno inseparabile di tanti anni di viaggi e di fatiche lungo i sentieri deii'Abissinia.Non se ne volle mai separare, neppure quando, arrivato in Italia dopo l'espulsione dall'Etiopia, fu chiamato in udienza dal papa Leone Xlii. Un cerimoniere gli andò incontro; con molto rispetto lo pregò di posare il bastone: perché non si può andare cosi armati davanti al pontefice. Il Massaia si volse e disse: «No sarà mai che abbandoni nel momento della gloria chi mi è stato sempre compagno dei giomi di dolore)). Sbarcato a Massaua dopo quattro mesi di viaggio, il Massaia fu costretto a una sosta forzata nella prefettura dell'Abissinia, che comprendeva l'attuale Eritrea e il Nord Tigray. La strada verso l'interno era sbarrata dalle guerre tra il principe del Tigray, Ubié e il ras Aly, principe dell'Asmara. In una cornice di fuoco e sangue, la notte del 7 gennaio 1849, a Massaua, il Massaia consacrò segretamente Giustino De Jacobis vescovo e vicario apostolico dell'Abissinia. Poi fu incalzato dalla persecuzione del vescovo ortodosso Abuna Salama 11, che con sprezzo lo battezzò profeticamente «Abuna Messias». Con il pretesto che in Abissinia doveva esserci solo un vescovo cristiano, Salama scomunicò il Massaia e convinse Ubié a cacciarlo dall'Abissinia. Dopo lungo vagare per i litorali del Mar Rosso e del Golfo Arabico in cerca di un passaggio per entrare nella sua missione, il Massaia decise di affrontare di petto la situazione, presentandosi personalmente al principe Ubié. Lo racconta lui stesso in una lettera scritta da Gondar il 25 luglio 1849 e indirizzata a don Luigi Sturla, missionario apostolico a Aden. TRAVESTITO DA MERCANTE L'impresa poteva compromettere non solo la vita fisica del missionario, ma l'esistenza del vicariato dell'Abissinia. De jacobis cercò di sconsigliarlo in tutti i mo-

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