Missioni Consolata - Aprile 2006

per non parlare dello stesso Gesù. Ha anche affermato che attraverso questa morte il Signore ci ammonisce, invitandoci tutti a tendere incessantemente alla santità. Nel 2002, Joseph Otieno aveva raggiunto la Corea, sua prima destinazione missionaria, insieme ad altri due sacerdoti missionari africani. Dopo i primi anni della formazione e del noviziato, tutti vissuti in Kenya,aveva studiato teologia in Inghilterra, presso il Missionary lnstitute di Londra. Chi ha avuto modo di incontrario in quegli anni lo ricorda come una persona semplice e umile ma, nello stesso tempo, molto affabile. Attento agli studi e alle sue responsabilità, che sempre assumeva in prospettiva al futuro missionario,Joseph non disdegnava momenti di sana vita sociale che gli permettevano di awicinare la gente in modo più informale espontaneo. Davanti a un bel boccale di Guinness,sovente condiviso con il parroco di Whetstone (la comunità dove per 4 anni ha prestato servizio pastorale),Joseph si relazionava con gioia con i giovani che incontrava. In parrocchia, fino al momento della sua ordinazione diaconale,aveva contribuito non poco a rawivare le celebrazioni,grazie alla sua abilità nel suonare le percussioni. l giovani gli volevano bene, proprio per quell'approccio semplice e immediato, che gli aveva conquistato la simpatia di tutti, anche all'università. Joseph era generoso, emetteva sempre gli altri prima di sé. Era anche modesto nel suo stile di vita e rispettoso di tutti, sicuro delle sue idee, ma estremamente aperto aquelle degli altri. Una volta ordinato diacono, a lui e aaltri tre compagni fu chiesto se volevano essere i primi missionari africani ad andare in Corea: era sicuramente una grande sfida. Joseph chiese un tempo per riflettere e per prendere una decisione. Era coraggioso e amava cimentarsi con l'awentura. Passato il periodo di riflessione, rispose di sì. Del resto, questa risposta era perfettamente in linea con lo stile della sua persona. Era molto cosciente delle sue radici culturali, che venivano espresse in modo particolare nella danza e nella musica, come pure nella prontezza a partecipare ad ogni tipo di conferenza e riunione. Ma il suo mondo andava ben oltre, verso quegli spazi infiniti che solo la missione può aprire. Q uattro vescovi erano intervenuti all'ordinazione di Joseph, il l 4 ottobre 2001 ,a Nairob ( enya). Prendeva il via in quel momento il ministero che avrebbe caratterizzato la sua breve esperienza presbiterale,quello di «lavare i piedi agli altri». Sempre diceva che «il sacerdozio è per il servizio». Questo, unito a una gentilezza del tutto speciale nelle sue relazioni con gli altri; gentilezza che non era debolezza, ma qualcosa di grande e vero, una tenerezza che toccava il cuore della gente in profondità. Una volta giunto in missione, dopo essersi dedicato allo studio della difficile lingua coreana, Joseph era entrato afar parte della comunità di Kuryong, una baraccopoli nel cuore della capitale, manifestando da subito la decisione avivere la sua vocazione missionaria tra i poveri. Anche in questo contesto era emerso il suo cuore semplice e buono, che gli aveva permesso di adattarsi con piacere afare i piccoli servizi che l'uso ancora limitato dell'idioma gli consentiva di prestare. Insegnava inglese a Pagina accanto: messa in suffragio di padre Joseph Otieno concelebrata dai confratelli della Consolata in Corea. Asinistra, il vescovo di lncheon, mons. Choi Chisan Bonifacio. qualche ragazzotto della zona eaiutava le «nonne» del quartiere, rendendosi utile in qualche piccolo lavoretto. A più di uno questa sua disponibilità era suonata come una pazzia. Ma come? Uno straniero, sacerdote per di più, adattarsi a incombenze come andare a fare la spesa al supermercato per qualche anziano che non avrebbe avuto la possibilità di muoversi! Quando uno dei parrocchiani espresse ad alta voce questo sentimento, la risposta di Joseph fu evangelicamente disarmante: «Siamo venuti qui per servire e aiutare nelle piccole cose che possiamo fare...». T re giorni soltanto prima della sua prematura scomparsa,Joseph era stato chiamato ad aiutare in parrocchia nella celebrazione del sacramento della riconciliazione. Una signora si era recata da lui per la confessione ed era stata così toccata dal calore e dalla comprensione di quel sacerdote africano che, il giorno seguente, aveva lei stessa accompagnato due altre persone presso la casa dei missionari della Consolata, affinché potessero ricevere da Joseph la pace e la gioia del perdono. La tristezza per la sua morte lascerà il segno per lungo tempo, questo è certo. Eppure è viva in noi la profonda sensazione che il Signore, con la sua grazia, ha preparato Joseph a incontrasi con lui. La semplicità della sua vita testimonia con i fatti questo suo essere pronto. Sentiamo con forza che·la sua morte è un seme di vangelo, un esempio da ricordare evivere. Riposa nella pace del Signore,Joseph,e intercedi per noi dal cielo, affinché sappiamo portare avanti bene la missione alla quale anche tu avevi cominciato a partecipare con entusiasmo. Ricordati che stiamo aspettando i < frutti»che la tua morte non può non portare. Non resta che esprimere «santo orgoglio»per come tutta la nostra comunità (inclusi gli studenti) ha reagito aquesta improwisa tragedia: con dignità, profonda partecipazione, unità e totale disponibilità da parte di tutti. Econstatare ancora una volta come la gente ci voglia bene, e come tutti abbiano fatto dawero del loro meglio per aiutarci. • MC APRILE 2006 • 17

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