Missioni Consolata - Marzo 2006

DOSSIER - - - - - - - - - - - -- - - - - - - - ~ - - - - - - - - - - - - - - - - l'emarginazione, tra i giovani, è molto forte, a causa delle notevoli difficoltà sociali ed economiche che incontrano. Dopo la scuola (sempre che ci vadano), hanno ben poche prospettive: dedicarsi alla pastorizia, all'agricoltura, o trovare qualche lavoretto saltuario. Al tempo del regime, tutta lazona di Gramsh fu scelta dal governo per mandarvi al confino chi non condivideva le idee del Partito. L'economia della città si basava sulla produzione di kalashnikove di batterie, ma successivamente le fabbriche hanno chiuso ed oggi non c'è più lavoro per nessuno. I ragazzi e gli uomini passano parte delle loro giornate a bere al bar (i casi di violenza in famiglia causati dall'alcolismo sono purtroppo all'ordine del giorno), a giocare al biliardo o al bingo, spendendo quel poco che hanno in un gioco senza fine. Tutti tentano la fortuna con la lotteria americana, che fa vincere ai pochi fortunati un visto per gli Stati Uniti. La maggior parte delle famiglie cerca di soprawivere con un sussidio economico statale di 3000 lek al mese - circa 25 euro - con il quale riesce a malapena a comprare la farina, il latte e poco altro. La carne si mangia una volta alla settimana, se va bene. In alternativa, formaggio, uova, pomodori, cetrioli, fagioli e byrek, una pasta a sfoglia sottile ripiena di formaggio, carne o verdure. LA SCUOLA DI ARTAN La corruzione è alta a tutti i livelli. Artan, un ragazzo di 26 anni, mi raccontò: «Per passare gli esami alla scuola per corrispondenza, si deve pagare ogni esame. Ho dovuto mettere i soldi dentro al foglio ogni volta che ho sostenuto un esame scritto, e pagato l'insegnante sottobanco per gli orali. L'insegnante prende da parte uno studente e gli dice: "Oggi devi pagare 1.000 lek". Poi lui lo riferisce agli altri esaminandi. Niente soldi, niente possibilità di passare l'esame. Qui siamo tutti uguali, sia i poveri sia i ricchi, quelli che noi chiamiamo intellettuali e che guardano dall'alto in basso chi, come me, non ha fatto la scuola». Per chi si chiedesse dove possa trovare la gente comune tutti quei soldi per pagare l'istruzione come le cure mediche, dato che uno stipendio medio si aggira intorno ai 36 ■ MC MARZO 2006 1SO euro mensili, la risposta sta nel fatto che la gran parte vive grazie alle rimesse dei numerosi albanesi che vivono all'estero. D'estate, l'unica strada che taglia la città è tutta un viavai di macchine di grossa cilindrata e con targa straniera: sono gli albanesi che tornano a casa per le vacanze, che non possono fare a meno di dare sfoggio del cambiamento di status sociale raggiunto all'estero. Alcuni vengono solo per il periodo necessario per effettuare un matrimonio combinato, per poi ripartire con la fede al dito e l'attesa che la moglie (conosciuta e scelta in due giorni) abbia i documenti necessari per il visto per «Lamerica». Emigrare resta il sogno di molti giovani, sia che provengano dalle città che dai villaggi. Quasi tutti quelli che ho incontrato, sia ragazzi che ragazze, mi dicevano spesso di voler rimanere in Albania, «per fare qualcosa per il mio paese, per la mia patria, per il futuro dei nostri bambini». Ma poi, parlando, rivelavano sempre il loro desiderio nascosto: quello di partire. Lasciarsi tutto alle spalle, cominciare una vita nuova. O meglio: cominciare finalmente a vivere. I SOGNI DI XHON Xhon (pron.Gion), un ragazzo di 30 anni di un villaggio del distretto di Gramsh, un giorno mi ha spiegato cosa volesse dire, per lui, essere albanese: «Tu puoi sperare di viaggiare, di fare esperienze in giro per il mondo, e sai che lo potresti fare, se lo volessi. Qui no. In Albania nessuno può attendersi una vita così, perché per tutta la vita si è come chiusi dentro a un guscio da cui non si può uscire. I sogni restano sogni, e questa mancanza di libertà crea la violenza, la dipendenza dall'alcool, la spinta a partire clandestinamente per l'Italia, dove però tutto sarà diverso da come noi sogniamo, io lo so, me lo raccontano i miei amici che vivono là. Il problema a trovare una casa ed un lavoro perché albanesi; la difficoltà ad ottenere il permesso di soggiorno. Ma, nonostante questo, preferirei subire tutto questo, piuttosto che vivere morto dentro». Xhon è uno dei tanti ragazzi che ha cercato dì fuggire da una realtà soffocante, in cui non c'era lavoro e si faceva la fame. La sua prima meta è stata la Grecia. «La prima volta che ho cercato di passare il confine avevo 18 anni, nel 1995. Mio padre era sempre ubriaco ed io volevo i soldi per comprare la televisione ed i mobili per la casa. Dopo aver camminato a piedi per 3 o 4 giorni, siamo riusciti a passare il confine di nascosto. Vicino al confine c'era un monastero di suore ortodosse, dove mi avevano detto che ci avrebbero dato dei soldi se avessimo acconsentito di farci battezzare. Loro davano soldi a tutti quelli che si sarebbero fatti battezzare. Ecosì fui battezzato in due giorni, io che non credevo manco in Dio.« Xhon è poi stato subito catturato dalla polizia greca di frontiera e rimandato in Albania. Ha poi tentato di tornarci una seconda volta, dormendo al gelo in mezzo alle tombe di chi, prima di lui, non era riuscito a passare il confine, e rischiando a sua volta di morire sulle montagne che lo separavano dalla sua «vita nuova». Riuscì a rimanere ìn Grecia un po' di tempo per guadagnare qualcosa, prima di ritornare in Albania. Dopo aver lavorato per qualche anno per un'ong straniera della sua città, oggi sta tentando di andare in Italia. Dovrà trovare 3.000 euro per pagare qualcuno che, da intermediario, gli procurerà un visto falso (o vero, di un mese) per il Belpaese, «dove finalmente potrò sentirmi libero. Sono disposto a fare qualsiasi lavoro, l'importante è riuscire ad andare via da questo posto in cui non ho speranze dicostruirmi un futuro. Epoi penso che voi italiani siate più buoni, più aperti di noi, più umani. Noi albanesi siamo razzisti, abbiamo un razzismo interiore, una gelosia gli uni per gli altri che ci divide e ci ammazza, i bianchi dai neri (le persone di etnia rom, ndr), la gente del nord dalla gente del sud, gli intellettuali dagli ignoranti, i ricchi dai poveri. Sì, penso che voi siate più buoni>>. «NON È LA RAI» Spostandosi nella capitale, Tirana, si potrebbe avere l'illusione che per i giovani, qui, tutto sia diverso: le aspettative di vita, il lavoro, il modo di trascorrere il tempo libero, l'apertura mentale delle persone. Le vie brulicano di locali alla moda, molto simili a quelli europei. Passeggiando lungo il lago artificiale della capitale, di domenica pomeriggio, si incontrano nume-

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