Missioni Consolata - Febbraio 2006

MISSIONI CONSOLATA Sopra, <<La chiesa combatte lo stigma dell'Hiv» si legge sul drappo appeso sulla chiesa Regina Mundi a Soweto (Johannesburg). A destra, Johannesburg: clinica per la cura dell'Aids, finanziata dalla Conferenza episcopale del Sudafrica. Anche noi missionari, quando troviamo qualche ammalato nelle visite alle famiglie, offriamo loro la possibilità di essere visitati regolarmente dai nostri volontari; in questo modo possiamo sapere se si tratta di semplice indisposizione o di Aids e essere informati sul suo stadio e della sua evoluzione. Nelle loro visite, i volontari svolgono un servizio prezioso: spiegano alla famiglia come prendersi cura del malato,pregano con loro e per loro,ascoltano ecercano di mantenere viva la speranza...Quando i malati sono abBandonati a se stessi, tale servizio si traduce nel portare il malato all'ospedale, procurare documenti d'identità, registrare i bambini all'anagrafe,pulire l'abitazione, lavare i ve- ' stiti e tanti altri aiuti di ordinaria amministrazione. Il nostromotto è sempre stato: «Dalla chiesacattolica a tutta la comunità».Un messaggio chiaro per tutti, come provano i numerosi inviti da parte di organismi e autorità civili adiscutere e pianificare insieme le strategie di lotta contro l'Aids.Moltis1111 1111 111111 simi sono i non cattolici che chiedono aiuto ai nostri volontari. All'inizio del2005 una famiglia ha scritto una breve lettera alla nostra comunità, chiedendo di leggerla in chiesa, per ringraziare la nostra vicinanza in un momento molto difficile: la malattia e la perdita di due figlie in poche settimane. La fatica di ricominciare Ma è un servizio che richiede un <<prezzo da pagare»,soprattutto in termini psicologici. l volontari spendono la vita accanto ai malati, intessendo una relazione di amicizia e reciproca fiducia, ben presto troncata dal sopravvento della morte. t un'esperienza d'impotenza che si ripete con troppa frequenza: data la difficoltà di accesso ai farmaci antiretrovirali, la morte sopravviene troppo presto. Ne è un esempio la crisi di una gio-. vane volontaria.Aveva accompagnato per alcuni mesi una donna sola e molto malata,finché riuscimmo a trovarle un posto in un ospizio gestito dai francescani. La ragazza era al colmo della gioia: il luogo incantevole; la paziente non più sola; un prete tutti i giorni vicino a lei; comunione quotidiana; possibilità di avere medicine antiretrovirali...ma la donna morì tre giorni dopo il ricovero e la giovane·non riusciva a farsene una ragione. Era distrutta. C è voluto molto tempo prima di accettare tale fatto, pacificare il suo cuore e ricominciare l'attività di volontaria. Ma le prove più dolorose sono quelle causate dall'impotenza di fronte a tanto dolore.La paura dello stigma, che costringe i malati a tacere sulla loro malattia, fa sì che in molti casi veniamo chiamati quando è troppo tardi e l'accompagnamento dura appena tre o quattro giorni. Per i volontari si tratta di ricominciarecostantemente da capo. Per superare tali difficoltà, i volontari si radunano ogni settimana per parlare e condividere le loro esperienze, per pianificare il loro servizio -------~-------------------------------------------------------------------------------------- MC FEBBRAIO 2006 • n

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